Economia

Carige, banche divise sul salvataggio

Per alcuni istituti l'impegno del Fondo interbancario è eccessivo. Ccb chiede tempo

Carige, banche divise sul salvataggio

Il salvataggio di Carige, sebbene ieri sia stato compiuto un passo importante in questa direzione, resta sempre complicato a causa della variegata compagine accorsa al capezzale dell'istituto ligure in amministrazione straordinaria. Al momento è difficile ipotizzare che il complesso iter per raggiungere quota 900 milioni di capitale possa concludersi entro domani, termine fissato dalla Bce per la presentazione di un piano ordinato.

L'assemblea dello Schema volontario del Fondo interbancario di tutela depositi (Fitd) ieri ha approvato all'unanimità la conversione del bond da 320 milioni di euro sottoscritto lo scorso novembre, che costituisce un mattone fondamentale dell'operazione di rafforzamento patrimoniale da 900 milioni.

Mancano tutt'ora all'appello circa 580 milioni il cui onere sarà ripartito fra diverse entità. In primo luogo, ieri pomeriggio si è riunito il braccio obbligatorio del Fondo interbancario chiamato a contribuire con 170 milioni al successivo aumento di capitale al quale dovrebbero partecipare per 70 milioni Cassa Centrale Banca (Ccb) e per 150 milioni gli attuali azionisti Carige tra i quali la famiglia Malacalza, Raffaele Mincione, Gabriele Volpi e Coop Liguria. Il Fondo interbancario guidato da Salvatore Maccarone dovrebbe assumersi l'impegno alla sottoscrizione dell'eventuale inoptato. Il paradosso è che l'istituzione preposta alla salvaguardia dei conti correnti fino a 100mila euro in caso di liquidazione di una banca potrebbe essere costretta a un investimento da circa 600 milioni. Si tratta di un impegno non indifferente che spacca i due «partiti» tradizionali del mondo bancario italiano. Da una parte, le grandi banche che vedono nell'intervento una mossa necessaria per garantire la messa in sicurezza di un importante istituto ed evitare crisi di fiducia che potrebbero avere ripercussioni negative. Dall'altra parte, ci sono gli istituti più piccoli che ricordano quanto di recente affermato dal presidente dell'Abi, Antonio Patuelli. Il numero uno di Palazzo Altieri aveva infatti invitato alla cautela in attesa dell'esito del ricorso della Commissione Ue contro la sentenza della Corte di Giustizia Ue che ha dato il via libera all'intervento del Fondo per il salvataggio Tercas da parte di Popolare Bari, inizialmente bollato come aiuto di Stato. Il rischio di un rovesciamento della pronuncia, seppur minimo, esiste.

Per raggiungere quota 900 milioni sarà emesso un bond subordinato ad alto rendimento da 200 milioni che dovrebbero sottoscrivere Mediocredito Centrale (150 milioni) e Credito Sportivo. Quest'ultimo ha chiesto un parere legale per cautelarsi dal rischio di danno erariale in quanto ente pubblico. La sottoscrizione di un bond ad alto rendimento (si stima almeno l'8%) come il Tier 2 di Carige dovrebbe essere iscritta a forma di investimento della liquidità.

Discorso diverso per Ccb che, all'ultimo momento, avrebbe chiesto di ridurre l'impegno iniziale a 65 milioni chiedendo di acquisire 100 milioni del Tier 2 e di allungare l'opzione call sulle azioni Carige che saranno detenute dal Fondo interbancario, prevedendo inoltre uno sconto sostanzioso.

Chiaramente questo tipo di richiesta, oltre a rimettere l'intero impianto in discussione (Ccb è il partner industriale del salvataggio), rende più difficile la scelta del Fondo interbancario la cui dotazione, giova ricordarlo, è di 1,4 miliardi di euro.

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