Economia

Cattolica, chiesta assemblea straordinaria

Vogliono cambio statuto. Ma il presidente Bedoni difende il modello coop

Camilla Conti

Alla Cattolica Assicurazioni ripartono le grandi manovre dopo il burrascoso cambio al vertice di inizio di novembre, che ha portato all'uscita dell'ad Alberto Minali. Ieri un gruppo di azionisti che raccoglie il 2,5% del capitale avrebbe inviato al cda la richiesta di convocazione dell'assemblea ordinaria e straordinaria. Rispettando così lo statuto dove si prevede che a chiamare l'adunata debba essere un quarantesimo del capitale o dei soci (500 nel caso di Cattolica). L'obiettivo è dare la parola ai soci per alcune richieste. La revoca dell'attuale cda e alcune modifiche statutarie, tra cui: l'inserimento del limite al numero dei mandati dei consiglieri, con effetto immediato; la richiesta che i compensi vengano deliberati in assemblea; che i soci di capitale con oltre il 5% (in Cattolica, essendo una coop, c'è il voto capitario) abbiano diritto ad avere un rappresentante in cda, e quelli con più del 10%, due.

La palla passa ora nelle mani del cda che, senza scadenze obbligate, dovrà prendere atto della richiesta. La partita sarà comunque tutta da giocare considerato che gli azionisti di peso rappresentano insieme circa il 30% del capitale, ma in termini di «teste» non sono più di 30, quando in assemblea di solito si presentano dai due ai tremila soci.

Il 2,5% del capitale necessario per presentare la richiesta è stato raccolto dal professor Francesco Brioschi e Massimiliano Cagliero, ad di Banor sim (ma a titolo personale), supportati anche dall'avvocato Giuseppe Lovati Cottini e dall'imprenditore Luigi Frascino. Tra i dissidenti non compaiono invece i nomi degli azionisti di calibro come la Fondazione Cariverona (al 2,9%) o Palladio (sopra il 2%) che restano dietro le quinte.

Il paletto al numero dei mandati per gli amministratori metterebbe fuori gioco il presidente Paolo Bedoni, che siede al vertice dal 2006 ed è considerato il regista del cambio al timone. Bedoni ha esposto le sue ragioni in una recente intervista rilasciata al quotidiano veronese L'Arena: «Le persone vanno, le istituzioni restano», ha detto, sottolineando che il divorzio da Minali si è reso necessario per il venir meno del presupposto fiduciario.

Ma anche difendendo a spada tratta la bontà del modello territoriale-cooperativo, che rappresenta il dna della Cattolica e che, per Bedoni, non può essere snaturato.

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