Economia

Compleanno per i commissari. E l'Alitalia è ancora a terra

La vendita è stata più volte rinviata. Per motivi politici Gestione migliorata, ma manca un progetto industriale

Compleanno per i commissari. E l'Alitalia è ancora a terra

Domani, 2 maggio, cadrà un anno dalla nomina dei tre commissari di Alitalia, Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari. Un arco di tempo che non è stato ancora sufficiente alla vendita, che è lo scopo dell'amministrazione straordinaria. E che per questo si presta a varie considerazioni.

La prima su tutte: la gestione corrente è stata positiva, con significativi miglioramenti dei conti. Ma non si cada nell'inganno di pensare che Alitalia è risanata. Niente affatto. Nel primo trimestre ha perso 2 milioni al giorno. È vero che si tratta della stagione più bassa dell'anno, tuttavia quella cifra fa pensare ai tempi più bui. Al calcolo si arriva facilmente: la perdita prima di interessi e tasse (Ebit) a marzo è stata di 167 milioni, ai quali ne vanno aggiunti circa 22 corrispondenti agli interessi sul prestito ponte di 900 milioni. In tutto si arriva a 189, che significa 63 al mese. Va anche segnalato che l'Ebit da maggio a dicembre era stato negativo per 168 milioni, poiché il periodo era riuscito a includere anche le stagioni più alte. Ma su base annua, comunque, le perdite non scendono sotto il milione al giorno.

Gli stessi numeri del trimestre dicono anche che sono aumentati i ricavi e calate significativamente le spese; e questo promuove la gestione ordinaria. Nel dettaglio, sempre a marzo, i ricavi hanno segnato 597 milioni contro i 572 dello stesso trimestre 2017 (precedente all'amministrazione), ma i costi sono passati da 800 a 714 milioni, quando da maggio a dicembre erano già stati sforbiciati da 2.296 a 2.126. Un lavoro benefico di pulizia da tante incrostazioni del passato, mai completamente cancellate dalle varie gestioni.

Il prestito ponte di 900 milioni, sul quale l'Ue nutre dubbi di aiuto di Stato, è ancora pressoché intatto, cosa che sembra persino miracolosa in una compagnia con queste perdite; la spiegazione è che fin quando possibile si fa fronte alle spese con il cash flow, poi, nei mesi più duri, si farà ricorso al salvadanaio.

Non è compito dei commissari ristrutturare e investire sul lungo periodo. Quello che devono fare (e che stanno facendo) è valorizzare gli asset per cercare di vendere al meglio. Il braccio di ferro con Lufthansa, che vorrebbe una compagnia dimagrita di 2-3mila dipendenti, sta proprio in questo: è o non è compito dell'amministrazione licenziare? Piuttosto, è una responsabilità di chi ha in mano le sorti della compagnia (in primis il governo) saper immaginare per essa un'identità futura al servizio del Paese, di cui è e resta un'infrastruttura. Su questo punto si avverte un certo silenzio.

Il problema non è tanto a chi vendere, ma che cosa chiedere in cambio; sarebbe demagogico pensare solo a prezzo e occupazione. Importante invece è avere in mente solide prospettive di sviluppo. Per questo, in attesa di un nuovo governo, si continua a sussurrare di una ricerca (anche) di capitali italiani. Purtroppo molto difficilmente Alitalia potrà avere un futuro da sola - troppo piccola, assediata dalle low cost e soffocata dagli accordi sull'Atlantico - tuttavia dovrà restare ancorata agli interessi degli italiani, viaggiatori e non.

I commissari hanno lavorato sulle tratte di lungo raggio (quelle che in prospettiva rendono di più); parliamo di Pechino (aperta e poi chiusa per gli orari degli slot), Maldive e Mauritius (stagionali), Johannesburg; Deli e Tokio rafforzate, Nairobi annunciata e rinunciata per mancanza di code sharing. Il tutto a parità di flotta, con un apprezzabile tentativo di massimizzare i 25 wide body sui 118 aerei complessivi. Ma si tratta pur sempre di aggiustamenti.

Per disegnare un nuovo network, ragionato e redditizio, occorrono investimenti in flotta e una visione sul futuro che non fanno parte dei compiti dei commissari.

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