Economia

Per le Pmi pressione fiscale reale al 68,3%. E 187 adempimenti in tre mesi

Per le Pmi pressione fiscale reale al 68% e ben 187 adempimenti in tre mesi

Per le Pmi pressione fiscale reale al 68,3%. E 187 adempimenti in tre mesi

Sono a dir poco imbarazzanti i dati diffusi da Confesercenti sulla pressione fiscale reale in Italia. "Dovete prendere atto - è l'allarme del presidente Marco Venturi rivolto alla platea di imprenditori durante la sua relazione al Meeting dell’associazione - che non siamo più disponibili ad accettare una pressione fiscale reale che ormai è del 55%, addirittura del 68,3% per le Pmi e che fa dello Stato il socio di maggioranza delle imprese. Un prelievo che ci porta nettamente sopra l’effettiva media europea". E non ci sono, all'orizzonti, segnali di cambiamento. Almeno nel breve periodo. E a complicare la vita degli imprenditori c'è anche la mole impressionante di adempimenti fiscali. Un vero e proprio diluvio quello che, secondo le stime, si registrerà nei prossimi tre mesi, tra ottobre e dicembre. Complessivamente gli adempimenti che è possibile censire sono 187: due al giorno per un costo complessivo di 100 miliardi. Fra questi adempimenti, secondo lo studio presentato da Confesercenti, non sono comprese le forme di prelievo ricorrente che riguardano le ritenute Irpef e le imposte indirette diverse dall’Iva.

Si tratta, spiega l'associazione, di un fenomeno in aumento rispetto a quanto abbiamo rilevato per il 2011: 694 per l’intero 2011 e 170 per l’ultimo trimestre dell’anno. Alle scadenze tradizionali e ricorrenti si sovrappongono nell’ultimo scorcio del 2013, di nuove scaturenti da decisioni o non decisioni della politica fiscale. È il caso dell’Imu per la quale purtroppo resta ancora indefinita l’abolizione del saldo dovuto per la prima casa. Ed è anche il caso dell’Iva, per la quale, rileva Confesercenti, "a pochi giorni dall’aumento dell’aliquota ordinaria dal 21% al 22% non sembrano del tutto accantonati gli sforzi per evitarlo". Ma è anche il caso degli acconti Irpef, Ires e Irap e di quello sulle ritenute operate dal sistema creditizio sugli interessi e i redditi da capitale, come anche l’incertezza sulla nuova Tares il cui cui maggior gettito è rimesso alle libere scelte dei Comuni. Infine c'è la Tobin tax, l’imposta sulle transazioni finanziarie, la cui sorte sembra legata agli esiti che sarà in grado di assicurare sotto il profilo del gettito. Negli ultimi 18 mesi sono state costrette a chiudere 101.000 imprese. "Quello che chiediamo al Governo, al Parlamento, ai partiti, è più chiarezza e più coraggio per ripensare il sistema Paese, per combattere illegalità, sprechi e abusi". 

Miope l'accordo Confidustria-sindacati

"Fare un accordo senza tante piccole e medie imprese - osserva Venturi - che rappresentano la spina dorsale produttiva del Paese è senza futuro oltre che un errore.

Quello che non accettiamo è l’idea che i temi contenuti nell’agenda di governo vengano dettati da industriali e sindacati che, dopo anni di collaborazione, tra tutte le parti sociali, più o meno proficua, decidono di trattare da soli".

 

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