Economia

Le Coop e la (stretta) via di Bper-Unipol verso Carige

Cimbri deve rispettare la promessa di 600 milioni di dividendi. Quegli screzi sul bilancio di Holmo

Le Coop e la (stretta) via di Bper-Unipol verso Carige

L'ad della Bper, Alessandro Vandelli, ha aperto la porta al dossier Carige ma solo se non ci saranno impatti patrimoniali. Ovvero se l'operazione sarà a costo zero. L'ad di Unipol (che di Bper controlla quasi il 20%) era stato ancora più cauto: «Per Carige serve una soluzione industriale, ma al momento non ci sono le condizioni», ha detto in un'intervista al Sole 24 Ore.

Cimbri deve stare attento a far digerire eventuali «bocconi» ai suoi azionisti di riferimento, ovvero le cooperative cui ha promesso di distribuire ricche cedole per complessivi 600 milioni entro il 2021 dopo aver venduto Unipol Banca a Bper per 220 milioni (operazione costata 338 milioni di minusvalenze sul bilancio di Unipol e 50 milioni su quello di UnipolSai). Il mondo di quelle che un tempo venivano etichettate come coop rosse è stato stravolto da una complessa riorganizzazione che da una parte ha fatto pulizia, ma dall'altra ha messo ancora più in luce i rischi di un sistema che lega a doppio filo i consumatori alla finanza. E qualche mal di pancia resta. Come quello manifestato da due soci di Holmo, che ancora possiede il 6,66% del gruppo guidato da Cimbri e di cui fra l'altro Carige è creditrice. Nell'assemblea del 7 maggio scorso, la rappresentante del socio Manutencoop (che detiene il 18,7%) ha votato contro il bilancio 2018 chiuso con un utile di 4,4 milioni rispetto ai 796mila euro del 2017. «Il valore della partecipazione in Holmo è inferiore rispetto a quello rinvenibile dal bilancio all'esame dell'assemblea», si legge nel verbale depositato alla Camera di Commercio che il Giornale ha potuto consultare. Anche se fonti vicine alla società smentiscono l'esistenza di tensioni fra i soci, contro il bilancio ha poi votato anche Coopsette, socio al 7,3 per cento.

Il principale azionista di Unipol è però Coop Alleanza 3.0, la più grande cooperativa di consumatori d'Europa, nata dalla fusione tra Adriatica di Bologna, Estense di Modena e Nord Est di Reggio Emilia, con ipermercati e punti vendita dal Friuli alla Sicilia. Il bilancio 2018 è stato chiuso con una perdita di quasi 290 milioni (nel 2017 furono 37 milioni), il piano industriale prevede tagli poderosi ai punti vendita entro il 2022 (circa il 10% da cedere all'esterno) e la riduzione di 700 dipendenti amministrativi. La cooperativa detiene attualmente 3,6 miliardi di prestiti sociali di circa 400 mila soci, che peraltro nel corso del 2018 avrebbero ritirato quasi 400 milioni. I 44 milioni l'anno di dividendi che Unipol ha garantito fino al 2021 sono quindi una importante boccata d'ossigeno.

Le coop socie un tempo riunite in Finsoe (l'ex cassaforte di controllo) hanno del resto finanziato con circa mezzo miliardo l'uscita di Unipol dal tunnel tramite le nozze con FonSai del 2012 e garantiscono i propri soci prestatori proprio con le azioni di Unipol Gruppo, valutandole in molti casi a pezzi più alti dei valori di Borsa. «Sono una grande organizzazione, sapranno adeguarsi come già hanno fatto in passato ai tempi che cambiano, rimanendo competitive: il nostro obiettivo è dar loro una redditività interessante», ha detto Cimbri. Le spalle sono larghe ma gli ultimi anni sono stati complicati, soprattutto per le coop delle costruzioni. Il colosso Cmc di Ravenna è stato ammesso al concordato preventivo.

Per il rilancio, la storica Cooperativa muratori e cementisti sta guardando a un polo alternativo a quello lanciato dal gruppo Salini Impregilo e Cdp, che salvaguardi la sua natura cooperativa con un'alleanza di stazza minore.

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