Economia

Il crac Cipro riporta l'Europa nel caos

Il crac Cipro riporta l'Europa nel caos

«L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare». Basterebbe la saggezza popolare di Gino Bartali per cestinare il piano da 10 miliardi di euro finalizzato al salvataggio di Cipro. Ma così non sarà. Nonostante il terrore sparso sui mercati fin dalla mattina di ieri, malgrado la corsa franco-tedesca a disconoscerne la paternità e le lamentazioni russe ai più alti livelli, il bailout non sembra destinato alla rottamazione. Più probabile una rimodulazione del prelievo forzoso sui conti correnti, la cui portata (tassa del 6,75% sotto i 100mila euro, e del 9,9% sopra) è tale da rendere un delicato buffetto lo “scippo” notturno di Giuliano Amato del 1992. Al momento, si starebbe ragionando su un esproprio del 3% sotto i 100mila euro, del 10% fra 100mila e mezzo milione, e del 15% oltre. Nulla è stato però deciso, salvo il fatto che le entrate non dovranno essere inferiori ai 5,9 miliardi.
Comunque vada, un infortunio clamoroso. Mai s'era visto durante la gestione della crisi del debito un così maldestro tentativo di risolvere un problema creandone altri, e più gravi. Se l'eurozona aveva faticosamente ritrovato un minimo di credibilità e riconquistato parte della fiducia dei mercati, adesso il rischio è quello di ripartire quasi da zero. Perché il meccanismo di aiuti finisce per trasformare un Paese lilliput, il cui peso è appena lo 0,2% del Pil europeo, in un potenziale fattore di contagio. L'Ue si è affrettata a garantire che Cipro rappresenta un «caso unico» e che l'intervento «salva le banche», ma a rimetterci sono ancora i cittadini, che non potranno ritirare un solo centesimo fino a giovedì, giorno di prevista riapertura degli istituti di credito. Ma il problema è il precedente creato. In tutti i casi di salvataggio finora affrontati, mai era stato messo in discussione il principio che i risparmi non si toccano. Tanto è vero che sia Berlino sia l'Fmi, ha rivelato il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, proponevano una soluzione che «rispettasse la garanzia sui depositi» che è piena fino ai 100mila euro. Secondo Schaeuble, a voler usare la mano pesante è stata la Commissione Ue di concerto con la Bce e il governo di Nicosia. Stessa musica anche dallo spartito francese: «Ho contribuito - ha detto il ministro delle Finanze, Pierre Moscovici - a fare in modo che le condizioni fossero meno dolorose di quanto avanzato da altri».
Il danno è fatto. E da Moody's è partito un doppio avvertimento. Il primo: queste misure amplificano il rischio di una fuga di capitali. Il secondo: le banche Ue potrebbero subire un declassamento dei rating. Già: chi può assicurare che in futuro il «modello cipriota» non verrà esportato altrove? Un pericolo che le Borse hanno subito fiutato pigiando sul pedale delle vendite. Milano, sprofondata di oltre il 2% fino al primo pomeriggio, ha poi recuperato nel finale limitando i danni a un -0,85%. Un'impresa non riuscita alle banche, seppur l'Abi abbia ricordato che i nostri istituti «hanno una posizione di grande solidità» e «non c'è un rischio di contagio»: l'indice di settore ha sfiorato un -3%, è tornato ai livelli dello scorso novembre e ha bruciato in due mesi circa 2mila punti.
Ma il pasticciaccio brutto in salsa cipriota non riguarda solo l'eurozona. Non a caso, il segretario al Tesoro americano, Jack Lew, ha sollecitato una soluzione «responsabile e giusta». E poi, c'è la questione spinosa della Russia. Tassa «ingiusta, non professionale e pericolosa», hanno detto all'unisono il presidente Vladimir Putin e il premier Dmitri Medvedev.

Reazione prevedibile: i correntisti russi, che hanno fatto di Cipro un importante paradiso fiscale, hanno parcheggiato nell'isola almeno 20 miliardi di dollari, cui si aggiungono i circa 12 miliardi di dollari delle banche russe.

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