Economia

Il diktat Bce affonda Mps (-7,8%)

Ora si teme un aumento di capitale da 3,5 miliardi. Siena in Borsa vale 2,2 miliardi, meno di Fineco

I fondi avvoltoio fanno banchetto a spese dei piccoli azionisti e dei «cassettisti», vendendo allo scoperto il Monte Paschi: il titolo, sospeso al ribasso, ha perso un altro 7,8% in Piazza Affari, chiudendo a un prezzo di 40 centesimi. In una settimana l'ammanco è pari al 15,6%.

A paralizzare il mercato è lo spettro che Siena sarà costretta a un aumento di capitale da 3,5 miliardi, il 40% in più dei 2,5 annunciati lo scorso ottobre, per completare «i compiti a casa» chiesti dalla Banca centrale europea dopo il buco patrimoniale da 2,1 miliardi emerso dagli stress test. Il nodo è l'impatto dell'ulteriore pulizia di bilancio che l'ad Fabrizio Viola e il presidente Alessandro Profumo si apprestano a inserire nell'ultima trimestrale del 2014: il rosso dell'intero anno, secondo gli analisti, potrebbe attestarsi a 3-3,2 miliardi.

Di certo i vigilantes della Bce, con cui Mps ha avuto il decisivo confronto a metà gennaio, non concedono sconti. Viola ha perà annunciato un piano a geometria variabile, al vaglio dell'Eurotower, che vuole fare cassa cedendo asset non strategici e crediti deteriorati. L'incertezza comunque è il terreno d'elezione della speculazione, che sta sfruttando la fine del divieto della vendita allo scoperto: Consob, che ha da poco tolto il tolto il tappo, può intervenire solo difronte a perdite giornaliere superiori al 10%.

Il nodo, tuttavia, è un altro: l'intera Rocca Salimbeni, che soltanto giugno ha chiesto 5 miliardi al mercato, ora vale in Borsa meno delle metà: 2,2 miliardi, meno della banca online Fineco (2,8) e poco più della ex municipalizzata romana Acea (2,1). A questi prezzi lo Stato, che tramite il Tesoro è creditore di Mps per un miliardo abbondante con i Monti Bond (convertibili in azioni), è come se possedesse la metà della banca che il Pd senese ha trattato per decenni come fosse cosa sua e portata al collasso dalla gestione Mussari. Ora ad aiutare il Monte, potrebbe esserci la ventilata bad bank di Stato oppure nei palazzi di Roma si culla una integrazione con Ubi.

Nel frattempo Francoforte obbliga però Mps al silenzio assoluto fino a quando, verso metà febbrario, il board dei governatori non avrà espresso il verdetto. In sostanza il Monte sarà costretto a lanciare la ricapitalizzazione non più a marzo, ma a giugno, l'ultima finestra tecnica utile individuata insieme al consorzio di garanzia.

Sia Profumo sia Viola scadono inoltre con l'assemblea che il 14 aprile sarà chiamata ad approvare il bilancio. Profumo ha già detto che per restare in carica occorre l'incontro della sua volontà e quella dei grandi soci: «Vedremo se gli azionisti vorranno che io resti e se io vorrò restare». Il blocco di maggioranza è composto dalla Fondazione Mps insieme agli alleati sudamericani Fintech e Btg Pactual (9%), che sono entrati caro prezzo e si stanno leccando le ferite.

Di certo affrontare l'aumento di capitale mentre si cambia la linea di comando non è la condizione migliore.

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