Economia

Ecco come Juncker vuole germanizzare tutta l'Unione europea

Ministro del Tesoro unico e presidente a vita dell'Eurogruppo: altre poltrone per Berlino

Ecco come Juncker vuole germanizzare tutta l'Unione europea

Siate realisti, chiedete l'impossibile». Non avendo fatto il Sessantotto per motivi anagrafici, Jean-Claude Juncker deve aver ben metabolizzato il Caligola di Camus. Il presidente della Commissione europea vuole la luna e squaderna le sue aspirazioni sotto forma di un papier sul rafforzamento dell'Unione monetaria che ha tutta l'aria di essere l'elenco dei desideri irrealizzabili. Una lista dei sogni. O, vista da un'altra angolazione, degli incubi, dal momento che l'idea che sta alla base del progetto - ovvero una quasi totale perdita delle sovranità nazionali - rischia di spalancare la porta a una germanizzazione dell'Europa.

Juncker propone un ministero del Tesoro unico e un presidente permanente dell'Eurogruppo. Già l'introduzione di queste due figure-chiave richiederebbe grande equilibrio e un livello di convergenza neppure sfiorato al momento dall'eurozona. A prevalere sono più gli elementi divisivi. Fanno testo, giusto per fare due esempi, il mancato accordo sulla Grecia, così come il dibattito, spesso anche aspro, sulle misure non convenzionali della Bce. I veti incrociati sono del resto quelli che hanno finora impedito di mandare in porto il fondo unico di garanzia sui depositi bancari, quel paracadute universale per i correntisti di Eurolandia che rispunta nel documento della Commissione con l'obiettivo di poterlo aprire entro il 2019. Fra il 2020 e il 2025 dovrebbero poi iniziare i lavori per emettere un titolo pubblico europeo con la garanzia degli Stati. Nel documento non si parla di eurobond, ma di «european safe asset». Sfumature lessicali a parte, qui si ipotizza il superamento, entro un massimo di otto anni, dei macigni posti - soprattutto da Berlino - sulla strada della mutualizzazione del debito. Certo, la situazione potrebbe anche cambiare se sarà la Germania a indirizzare il risanamento delle finanze pubbliche attraverso l'occupazione di tutte le poltrone che contano. A cominciare, nel 2019, da quella di Mario Draghi. I tedeschi la pretendono: «Nessun tedesco è mai stato alla guida dell'Eurotower», dicono. Vero. Scordano però l'ortodossia teutonica dell'olandese Wim Duisenberg e che il francese Jean-Claude Trichet era talmente ossessionato dall'inflazione (il babau tedesco) da alzare i tassi a disastro dei subprime ormai conclamato. E cosa accadrebbe se la Germania, oltre ad avere in mano le redini monetarie, fosse anche alla guida - non più a rotazione - dell'Eurogruppo? Non avrebbe forse il formidabile potere di imporre qualsiasi sacrificio ai Paesi in difficoltà? È l'idea di una Germania über alles che trova conferma nella parole con cui, giusto ieri, Angela Merkel ha spiegato di ritenere naturale il trasloco da Londra a Francoforte della sede dell'Eba, l'agenzia che sorveglia le banche europee.

I vantaggi per gli altri? Pochi. Il documento parla genericamente di un fondo per la stabilizzazione, cioè anti-choc economici, ma non trascura l'ipotesi che la concessione delle risorse sia subordinata ai progressi compiuti nella realizzazione delle riforme strutturali.

Insomma: se una volta i sacrifici ce li chiedeva l'Europa, forse domani ce li imporrà direttamente Berlino.

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