Politica economica

Enel ai raggi X del governo. Pesano debito e strategie

Salvini attacca la società alla vigilia del cambio del vertice nominato ai tempi del Pd di Renzi

Enel ai raggi X del governo. Pesano debito e strategie

Ameno di tre mesi dal rinnovo dei vertici, il giudizio tranchant di Salvini su Enel sembra essere il preludio di un'uscita di scena per lo storico ad Francesco Starace. Tra le aziende italiane, ha dichiarato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture «sia Tim che Enel hanno bisogno di un grande piano di medio-lungo periodo, cosa che evidentemente è mancata». Si tratta di «situazioni critiche» che dovranno essere «assolutamente attenzionate, valutate e accompagnate perché abbiamo ereditato una situazione non brillante», ha aggiunto.

Un giudizio netto di carattere certamente politico. Starace che se confermato si avvierebbe al quarto mandato è stato nominato nel 2014 dal governo Renzi. Il manager non è quindi nelle corde del leader della Lega che punta così anche a lanciare un messaggio agli alleati per non restare escluso dal giro delle prossime nomine.

Ma a livello industriale cosa motiva questo duro attacco alla gestione del gruppo energetico di Stato (il Mef ha il 31%, ndr)? Dire che Enel non ha un piano di lungo termine non è esattamente corretto. Anzi, il gruppo ha appena presentato un piano a 10 anni alla comunità finanziaria, condivisibile o meno che sia. Se guardiamo al titolo in Borsa, certo, l'ultimo anno è stata una debacle, l'azione ha lasciato sul terreno il 20% (E.On -15%; Iberdrola +8%; Rwe +14% ed Edf +23%). Si va in ordine sparso anche «se per tutte, ma in Italia di più, c'è stato l'impatto del crack energetico del 2022 causato della guerra russo-ucraina», spiega un analista. Allargando l'orizzonte nei 5 anni (di cui 2 di pandemia Covid) Enel ha comunque reso il 5%. La performance di Borsa potrebbe essere poco chiarificatrice, ma rivela in parte cosa può aver penalizzato Enel. «Se qualcosa è imputabile al gruppo è il fatto di essersi dovuto muovere negli ultimi otto anni in assenza di una politica energetica. Starace paga (se così sarà) un problema Paese commenta Massimo Gionso consigliere di Cfo Sim ovvero l'assenza totale di una politica energetica. Per spiegare, non possiamo oggi attribuire al manager la mancanza del nucleare in Italia o l'emergenza bollette generata dal una politica energetica nazionale inesistente».

Certo anche i numeri hanno il loro peso e il problema del debito (ora sotto una cura da cavallo) ha attirato sicuramente l'attenzione di Salvini. Starace ha annunciato a fine novembre una rifocalizzazione del business che porterà alla cessione di asset per 21 miliardi, 13 miliardi nel 2023. Dagli attuali 58-62 miliardi di debito stimati a fine 2022 si arriverà dunque a 51-52 miliardi a fine anno.

A livello di indebitamento lordo si stima che questo sia cresciuto di una quarantina di miliardi nella gestione Starace senza essere compensato da una adeguata crescita dei margini. «Lo sviluppo all'estero non sempre ha generato il ritorno atteso, ma si tratta anche della normale politica di diversificazione di un colosso industriale. Politica che ha i suoi rischi e che ora ha presentato il conto. La scelta di arginare il debito è arrivata forse troppo tardi», spiega un analista osservando che anche le manovre intorno a Open Fiber con la vendita tirata per le lunghe a Cdp-Macquarie ha sollevato qualche perplessità.

Resta il fatto che fonti vicine a Enel vedono come molto forzato il paragone con Tim.

«Si tratta di realtà oggi lontanissime, una pubblica e l'altra privata, con un profilo industriale nettamente diverso e una situazione occupazionale agli antipodi».

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