Economia

La Fed delude. Draghi: "Pronti a tutto"

Yellen troppo cauta non aiuta la Bce: "Il rialzo dei tassi? Prima del previsto solo se l'economia migliora"

La Fed delude. Draghi: "Pronti a tutto"

«Se i progressi del mercato del lavoro continueranno ad essere più veloci di quanto stimato, o se l'inflazione salisse più in fretta, il rialzo dei tassi potrebbe arrivare prima del previsto. Se invece dovessero essere più lenti, l'aumento dei tassi potrebbe arrivare più tardi delle attese». A voler fare gli equilibristi, si rischiano analisi un po' lapalissiane. Come quella confezionata ieri, davanti al parterre de roi di Jackson Hole, da Janet Yellen. Il cui discorso, attesissimo, è risultato sostanzialmente deludente. Non una sola indicazione è arrivata dalla presidente della Federal Reserve su quando, prevedibilmente, verranno messe le mani sulle leve del costo del denaro americano, ferme da sei anni. Perfino ora che il dibattito sulla stretta si è fatto più serrato nel board della banca centrale Usa e nonostante gli indicatori siano in costante miglioramento, la donna che ha preso il posto di Ben Bernanke continua a mantenere un profilo forse fin troppo cauto. Così, alla fine, l'unica certezza temporale riguarda la fine del tapering: «Il programma di acquisto di bond e titoli (attualmente pari a 25 miliardi di dollari al mese, ndr) sarà completato a ottobre».

In assenza di indicazioni precise sull'evoluzione del costo del denaro negli Usa, Mario Draghi non può sperare in aiuti esterni per risollevare Eurolandia e ridare colore a un'inflazione anemica. Intervenuto in serata, il presidente della Bce ha ribadito di essere pronto a usare «anche strumenti non convenzionali» e ha detto di aver «fiducia» sulla spinta che deriverà alla domanda dal pacchetto di misure annunciate. Non solo: «Siamo pronti ad aggiustare ulteriormente la nostra politica. Abbiamo già visto movimenti nei tassi di cambio che potrebbero sostenere la domanda aggregata e l'inflazione, che ci attendiamo siano sostenute dalle divergenti politiche negli Stati Uniti e nell'area euro». Un apporto, ha spiegato Draghi, verrà anche dai prestiti Tltro, che «hanno generato un significativo interesse nelle banche», oltre che dagli acquisti di ABS da cui è atteso un ulteriore contributo a «un allentamento del credito».

Quanto alla Yellen, l'impressione è che non consideri ancora praticabile l'opzione-tassi che i falchi all'interno della Fed vorrebbero utilizzare prima del secondo semestre 2015. Ciò è il segnale evidente di un diverso modo di interpretare l'evoluzione del ciclo congiunturale. L'intervento di ieri al meeting nel Wyoming è stato, non a caso, infarcito da tutta una serie di inviti a non enfatizzare i progressi economici raggiunti. Al contrario: man mano che la banca centrale americana si avvicina al raggiungimento degli obiettivi fissati, l'accento dovrebbe essere messo sulla quantità di rallentamenti ancora presenti. Inoltre, l'inattesa discesa della disoccupazione al 6,2% non convince del tutto la Yellen: «Il declino del tasso di disoccupazione in qualche modo sopravvaluta il miglioramento generale delle condizioni del mercato del lavoro, ancora inceppato». Secondo la numero uno dell'istituto di Washington, non esiste «una ricetta semplice per una politica monetaria appropriata», che deve «piuttosto riflettere un'analisi di informazioni di vasto respiro».

Il simposio annuale della Fed si è quindi aperto senza i fuochi d'artificio di due anni fa, quando Bernanke aveva annunciato una nuova tornata di aiuti all'economia per un valore complessivo di 85 miliardi al mese. Il fatto che la Yellen continui a tenere coperte le carte in materia di tassi, non contribuisce a indebolire l'euro, rimasto invece stabile a 1,3234 dollari.

Un ulteriore deprezzamento della moneta unica sarebbe auspicabile per agevolare le esportazioni dell'eurozona, sull'orlo di una nuova recessione, e per allontanare la minaccia di inflazione. Serviva un assist: non è arrivato

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