Economia

Finint, le banche tifano per l'Opa Save

Holding veneta in «stallo» e gli istituti vanno in pressing sul gioiello aeroportuale

Marcello Zacché

Il futuro del sistema aeroportuale del Nordest è quanto mai incerto. Ruota intorno alla Save, quotata in Borsa, che potrebbe anche finire in mani straniere, tramite un'Opa. La situazione è complessa e connessa con il quasi crac delle banche venete. Che mai come in questo caso si ripercuote sul territorio e sul controllo di asset strategici per il Paese.

Il punto di partenza, in costante evoluzione, è quello che sta succedendo alla Finint, la società che controlla Save, che qualche settimana fa è finita tecnicamente in «stallo»: il cda è decaduto e la prima assemblea per nominarne un altro è andata deserta. Finint è controllata pariteticamente da due finanzieri protagonisti da almeno 30 anni di grandi affari del Nord Est, Enrico Marchi e Andrea De Vido.

Quest'ultimo è l'anello debole dell'intera catena che arriva fino a Save, controllata da Finint con circa il 60% tramite il sistema di finanziarie Agorà e Marco Polo holding; a queste però partecipa anche la banca Usa Morgan Stanley, in minoranza (43%) ma legata a Finint con un patto parasociale. De Vido è il punto critico perché portatore di una posizione debitoria stimata nell'ordine 100 milioni, principalmente dovuti a Veneto Banca e finiti tra le sue sofferenze. Per questo lo storico sodalizio tra Marchi e De Vido è andato in crisi, divergendo sul futuro della Save, il più importante asset di Finint, l'unico in grado di generare liquidità rapidamente. Anche perché non è possibile risolvere il problema in capo a Finint con una semplice liquidazione di De Vido: ciò comporterebbe il cambio di controllo (oggi paritetico) e obbligo di Opa a cascata su Save.

In seguito a tale situazione qualche settimana fa De Vido si è dimesso dal cda di Finint. Il che, dal momento che l'articolo 19 dello statuto prevede la decadenza dell'intero cda nel caso di dimissioni «anche di solo uno dei membri», significa che la società è rimasta senza consiglio. Gestita, come prevede ancora lo statuto, per la gestione ordinaria dal collegio sindacale, che ha pure il compito di convocare d'urgenza l'assemblea. Ma la prima convocazione è andata deserta. Da qui, in attesa dell'esito delle trattative in corso tra i due soci, la posizione di stallo.

Una situazione assai complicata perché in pista ci sono le banche (una decina) impegnate nel debito di Finint, pari a circa 400 milioni consolidati (ma quasi il doppio se contato linea per linea): a nessuno fa piacere che la società sia finita in stallo. Mentre la sola Veneto Banca ha in garanzia il 26% circa del capitale di Finint a copertura dei debiti di De Vido.

È quindi evidente che, in un momento in cui le banche rappresentano l'emergenza del Paese, una crisi che in altri tempi avrebbe trovato una «soluzione di sistema», oggi potrebbe rapidamente risolversi in una monetizzazione da parte degli istituti bancari dell'asset Save, quotato e corteggiato da tanti: in Borsa la società capitalizza quasi un miliardo; il titolo è salito in un anno del 40% contro il -23% del listino; recentemente i Benetton sono entrati con il 21,3%, tramite Atlantia, dimostrando non solo interesse, ma anche la possibile intenzione di salire ancora. In questo quadro, sia che succeda qualcosa in Finint, sia che i Benetton decidano di muoversi, scatterebbe l'Opa che per le banche sarebbe la soluzione di ogni problema (avendo esse, tra l'altro, azioni Save in pegno per i debiti Finint). Si aggiunga che Save - che controlla gli aeroporti di Venezia e Treviso, gestisce Verona e Brescia e detiene il 27,6% di Bruxelles-Charleroi - è impegnata in un piano di investimenti da centinaia di milioni per i prossimi 4 anni: non si può certo immaginare che non abbia un solido azionariato di riferimento.

Sulla partita si muovono anche gruppi stranieri (Fraport di Francoforte è interessato da tempo) e gioca un ruolo pure Morgan Stanley, il cui patto con Finint è stato rinnovato fino all'ottobre 2019, ma prevede una put già nel gennaio 2018 o comunque in caso di inadempienze di Finint.

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