Economia

Flax Tax per i Paperoni, opportunità per il calcio italiano?

Introdotta dalla Legge di Bilancio 2017, potrebbe essere attrattiva per i top players stranieri

Flax Tax per i Paperoni, opportunità per il calcio italiano?

Siamo abituati a leggere le dichiarazioni da parte dei calciatori stranieri sulla bellezza delle nostre città, sulla bontà della nostra cucina e sulla passione dei nostri tifosi. Potrebbe esserci anche una motivazione economica a spingerli tra le braccia del Bel Paese.

Prima di capire le migliorie che la Legge di Bilancio introduce, dobbiamo fare un passo indietro e analizzare il regime fiscale dei calciatori. I mega stipendi delle star del football mondiale sono pur sempre redditi di lavoro dipendente, quindi sottoposti al trattamento tributario riservato a chi lavora sotto la direzione altrui (in questo caso non degli allenatori, ma delle tasche dei presidenti). Ibra negli anni juventini o milanesi, proprio come l'impiegato comunale di Palazzo Marino, si è trovato a fare i conti con la tassazione italiana, dovendo pagare l'Irpef - secondo la propria aliquota - sui redditi prodotti da attività economiche svolte in Italia e/o all'estero. Senza fare i conti in tasca al colosso svedese e restando sul piano puramente ipotetico, se l'attaccante avesse posseduto le quote di una società svedese o una fabbrica in Danimarca, avrebbe corso il rischio di pagare le tasse per quelle attività economiche sia in Italia che nel paese dove il reddito veniva prodotto. Proprio per evitare che la stessa ricchezza sia oggetto di una doppia imposizione, i Paesi possono stipulare una convenzione per determinare a chi dei due spetti il diritto di tassarla.

Cosa cambia oggi? Con l'inserimento nel TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi) dell'articolo 24-bis, alle persone straniere o italiane che decidono di trasferire la residenza fiscale in italia ( a patto che nei 10 anni scorsi non l'abbiano avuta) può essere applicata una imposta sostitutiva dei redditi prodotti all'estero di 100.000 euro. Il provvedimento potrebbe invogliare i campioni- azienda del calibro internazionale, che spesso oltre al reddito dipendente di calciatore possiedono svariate attività economiche in molti paesi, a trasferirsi in Italia e a cedere le proprie prestazioni sportive ai club nostrani.

Certo, ogni caso andrebbe valutato singolarmente, in base alle regole fiscali esistenti nei paesi coinvolti: qualora nel paese dove il reddito venisse prodotto, fosse prevista una cospicua tassazione concorrente, allora il trasferimento della residenza in Italia non porterebbe sostanziali benefici. Nel caso in cui invece vi fosse esenzione nel paese fonte del reddito, la situazione diventerebbe molto appetibile. 100mila euro di tasse su un reddito di svariati milioni di euro prodotti son bruscolini.

In generale, se immaginiamo la competitività del sistema calcio come un bersaglio e la forza economica dei club italiani come un arco, di sicuro questo provvedimento può essere una freccia in più nella faretra che già contiene i progetti degli stadi nuovi di proprietà, necessari a recuperare il gap rispetto ad altri paesi con club meno blasonati e un bacino d'utenza inferiore al nostro, ma che con politiche intelligenti si sono ritagliati un ruolo di spicco nel panorama calcistico internazionale.

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