Economia

Per la fusione Gvt-Tim Brasil a Telecom servono 2 miliardi

Mediobanca & c. accelerano: ecco l'offerta a Vivendi. Ma per avere il controllo paritetico del Brasile al gruppo italiano manca il capitale che metterà Bollorè

Per la fusione Gvt-Tim Brasil a Telecom servono 2 miliardi

Definirlo un «rally estivo», come ha fatto ieri qualche organo d'informazione finanziaria, è un po' forte: Telecom Italia ha chiuso la giornata di Borsa in rialzo dell'1,4% a 0,82 euro. Dal 12 giugno, vigilia dell'estate e ultimo giorno in cui hanno visto quota un euro, le azioni sono sotto del 18%. Ma di certo si può dire che da quota 0,79 toccata prima di Ferragosto, sull'onda di un'offerta da presentare a Vivendi per il gruppo brasiliano Gvt, il titolo ha reagito benino. Questo si può dire.

E farà certamente piacere allo stesso ad del gruppo, Marco Patuano, e ai suoi advisor, il capo di Mediobanca Alberto Nagel in team con Luigi De Vecchi di Citi e Francesco Perilli di Equita. Per tutti loro il valore della «carta» è fondamentale: l'operazione di conquista di Gvt passa per azioni Telecom e azioni Tim. Più queste stanno su (Tim Brasil è andata bene lunedì), più le chance di battere l'offerta che anche Telefonica ha presentato per Gvt aumentano, perché aumenta il valore che ne può portare a casa Vivendi. L'operazione sta prendendo forma, se ne parlerà tra una settimana a Milano, in un cda di Telecom del 26 o 27 agosto. Si tratta di uno schema complesso che, a grandi linee, funzionerà nel seguente modo.

Bisogna partire dalla situazione di fatto: Vivendi controlla il 100% di Gvt, società di telefonia fissa, web veloce e pay-tv attiva in Brasile e non quotata in Borsa; mentre Telecom Italia, tramite il 100% di Tim Brasil, controlla il 67% di Tim Partecipacoes che, per il rimanente 33% è quotata alla Borsa di San Paolo. Tim, ai prezzi di ieri, capitalizza 27 miliardi di reais, circa 9 miliardi di euro. E questo è il primo punto fermo: al netto di una posizione finanziaria nell'ordine dei 200 milioni, il valore di Tim (Ev, enterprise value ) su cui gli advisor ragionano è di 8,8 miliardi, pari a 4,9 volte il suo margine operativo (Ebitda). Questo è quello che Patuano mette sul piatto di Vivendi: il 67% di 8,8 miliardi, vale a dire, 5,9 miliardi. Nello stesso tempo bisogna vedere quanto vale Gvt. E qui sta una parte del valore dell'offerta di Telecom: un Ev (entreprise value) pari a 7 miliardi, che corrisponde a 10 volte l'Ebitda di Gvt. Un multiplo molto generoso, più del doppio di quello che il mercato assegna a Tim. Il gioco sta tutto qui, perché è nel rapporto tra i due valori che si generano i futuri equilibri di controllo tra Telecom e Vivendi per non perdere il controllo del Brasile.

Ebbene, mettendo insieme Tim e Gvt così valutate, nascerebbe un gruppo da 15,8 miliardi di valore, quotato in Borsa, e sbilanciato verso Vivendi, che passerebbe dall'attuale 100% di una Gvt non quotata a circa il 44,3% di una società in Borsa. A fronte di una quota Telecom che scenderebbe al 37,3% (il resto finirebbe agli attuali azionisti terzi di Tim) anche per effetto della supervalutazione di Gvt.

A questo punto, per riportare in pareggio le quote di italiani e francesi serve che Tim aumenti il suo valore prima dell'operazione di fusione. Ballano circa 2 miliardi di equity. Che fare? Un aumento di capitale. Questo potrebbe essere finanziato o con un'operazione da studiare sui 4 miliardi di capitalizzazione delle azioni di risparmio Telecom, o con una ricapitalizzazione di Telecom Italia riservata a Vivendi, che così entrerebbe a monte con una quota del 18-20%. La scelta puntuale dell'architettura e dei valori finali dipende dal tipo di quadratura del cerchio che gli advisor consiglieranno rispetto ai calcoli fatti finora. E anche da altre variabili, comprese quelle societarie. In ogni caso, lo scheletro è questo.

Ora l'importante, per Patuano, Nagel & c. è fare presto per evitare che Telefonica si riorganizzi e provi a rilanciare.

Cioè a dare a Gvt un valore maggiore che diventerebbe difficile da contrastare.

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