Economia

Huawei, le tlc e la rete cinese che mette l'Italia all'angolo

Il governo apre le porte agli investimenti di Pechino ma la guerra di Trump al colosso asiatico spariglia le carte

Huawei, le tlc e la rete cinese che mette l'Italia all'angolo

Della visita di Luigi Di Maio in Cina, lo scorso 5 novembre, si ricorda soprattutto la gaffe del vicepremier sul nome del presidente Xi Jinping, diventato «presidente Ping». Quella missione (la seconda, a meno di due mesi dall'Expo di settembre a Chengdu) era servita per confermare quel «rapporto fondamentale» del governo con Pechino, come l'aveva definito lo stesso Di Maio brindando ai contratti firmati, dagli agrumi siciliani alle navi di Fincantieri e agli elicotteri di Leonardo. In occasione di quella visita ci sarebbe stato anche un incontro tra il sottosegretario Michele Geraci e i vertici del colosso cinese delle tlc, Huawei.

Il ministero dello Sviluppo ha infatti costituito una Task Force Cina per l'elaborazione di una nuova strategia nazionale di sistema, destinata a rafforzare le relazioni economiche e commerciali con il Paese. A coordinarla è lo stesso Geraci con il contributo delle direzioni generali del Mise e della Farnesina. Gli obiettivi? Incentivare l'ingresso in Italia di capitali strategici, favorire gli investimenti cinesi in titoli di Stato e di imprese private, potenziare i rapporti fra Cina e Italia in materia di commercio, finanza e investimenti. Come quelli sulle telecomunicazioni. A fine gennaio però, a sparigliare le carte dell'alleanze, sono arrivati gli Usa di Trump che ha accusato formalmente Huawei e il suo cfo, Meng Wanzhou, di aver sfruttato la rete 5G per rubare segreti commerciali a società rivali americane. In queste ultime settimane gli Stati Uniti stanno conducendo una campagna in Europa per convincere gli alleati a non usare le infrastrutture di Huawei, con un primo incontro avvenuto a Bruxelles con la Commissione europea e il governo belga. Cosa farà il governo Conte proprio mentre pensa di creare una rete unica fondendo l'infrastruttura di Tim con Open Fiber? Risponderà alle sollecitazioni di Washington, il cui appoggio potrebbe tornare utile in mezzo alla crisi diplomatica con la Francia, o giurerà «fedeltà» alla Cina? Mercoledì il Mise ha smentito voci di stampa sulla presunta messa al bando delle aziende Huawei e Zte in vista dell'adozione della tecnologia 5G. «Con riferimento agli articoli di stampa», spiega una nota, «La sicurezza nazionale è una priorità e nel caso in cui si dovessero riscontrare criticità, al momento non emerse, il ministero valuterà l'opportunità di adottare le iniziative di competenza». Lealtà a Pechino, dunque. Anche perché i legami sono molto stretti, forse troppo per essere sciolti: Huawei è partner di Wind-Tre, Vodafone e Tim con una copertura delle loro tecnologie tra il 20 e il 30% delle reti. Anche per la Rete fissa di Tim, Huawei è partner tecnologico e copre circa il 10% delle rete. Il gruppo fondato da Ren Zhengfei si era inoltre aggiudicato due anni fa l'appalto come fornitore dei sistemi di controllo della rete in fibra ottica di Open Fiber sulle 10 principali città italiane. Nei progetti sperimentali sul 5G, Huawei è capofila per la copertura del lotto Bari-Matera e partner di Vodafone nel lotto di Milano. I cinesi collaborano con il ministero della Giustizia per il cosiddetto «storage», con Bankitalia per le tecnologie di videocomunicazione, con Poste Italiane nell'introduzione di tecnologie di accesso nei 15mila uffici postali e con il Consortium Garr per l'infrastruttura di trasporto. Non solo. Infratel, controllata del Ministero dello Sviluppo Economico, ha lanciato il progetto WiFi.Italia.it per permettere a cittadini e turisti di connettersi gratis su tutto il territorio nazionale. Per l'assegnazione dei fondi, Infratel non deve ricorrere a una gara, ma si avvale direttamente della convenzione Consip per i prodotti e servizi necessari alla realizzazione, manutenzione e gestione di reti locali per le pubbliche amministrazioni. Ebbene, Huawei risulta come principale fornitore di tutti i dispositivi coinvolti.

Lungo l'asse Italia-Cina delle tlc si muove anche Zte che ieri ha annunciato la creazione di un «Security Lab» in Italia, insieme a molti partner locali, «impegnandosi sempre alla massima trasparenza con i suoi stakeholder».

E ricordando che «attraverso la sua controllata Zte Italia, ha collaborato con il governo italiano nel rispetto della massima trasparenza e nel rispetto delle leggi e dei regolamenti in materia».

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