Economia

I bancari del terzo millennio

Una laurea in tasca e la passione per la tecnologia, ecco chi sostituirà il vecchio cassiere

Riccardo Cervelli

Non ci sono più le banche di una volta e neanche il bancario di un tempo. Non che il lavoro in un istituto di credito non continui a essere una bella professione, ma non è più quella meta seducente e sicura dei cosiddetti «tempi d'oro». Un'epoca che ha iniziato a declinare già venti o trenta anni fa e che è quasi scomparsa da un decennio a questa parte. Nell'immaginario collettivo, racconta un impiegato con molti anni di carriera, «si continua a pensare alle banche come luoghi dove si guadagnano lauti stipendi e per 16-17 mensilità. In realtà il mondo è cambiato».

«Nel 1990 testimonia Mauro Incletolli, membro della segreteria nazionale di First - lo stipendio di ingresso era di 926mila lire lorde. Considerando una tassazione più bassa dell'attuale, si scendeva a un netto di circa 800mila lire. Ma il costo della vita biglietti del tram, panini al bar, giornali era cinque o sei volte inferiore a quella attuale. Nel nuovo contratto di lavoro siglato nel 2015, lo stipendio di un impiegato parte da poco più di 2mila euro lordi per scendere a 1.200-1.400 euro netti. Negli anni Ottanta, quando sono entrato in banca io, un bancario percepiva 84mila lire di indennità mensile di mensa, pari a oltre 4mila lire al giorno. Ma un panino costava 500 lire. Oggi un impiegato riceve un ticket sostitutivo di 5,16 euro, che copre poco più del prezzo di un sandwich. Ai miei tempi, con il suo primo stipendio un giovane riusciva a pagare un affitto, acquistare un'auto, mangiare e anche a risparmiare qualcosa. Oggi, con 1.300 euro di stipendio per 13 mensilità, un premio di produttività legato a molti parametri non sempre facili da raggiungere, e minori scatti, non è facile vivere in una metropoli».

Alla base di tutto, come fa notare un direttore di filiale, c'è il fatto che «gli istituti di credito sono cambiati in modo definitivo». Non sono più le «cattedrali» del passato. Va detto che anche il look degli impiegati è cambiato. Sempre meno giacche e cravatte e più pullover e polo. Il responsabile di filiale giustifica questo trend con l'adeguamento ai nuovi trend di costume, anche se corregge il tiro affermando che almeno i dirigenti e i consulenti dovrebbe mostrare professionalità, sicurezza e decoro. Ma i cambiamenti più impattanti sulla condizione professionale sono stati di carattere strutturale.

Negli anni Ottanta ha debuttato il bancomat. L'automazione ha ridotto all'osso la necessità di personale addetto a mansioni ripetitive. Poi sono arrivate le banche via Internet e l'online banking anche per gli istituti tradizionali.

Un altro cambiamento decisivo è stata la trasformazione di molti istituti di credito in Spa. Mentre in passato alcune banche erano quasi enti pubblici, che prestavano denaro a imprese e famiglie a condizioni convenienti, e si preoccupavano soprattutto di rientrare dai costi, oggi sono «aziende» che mirano alla redditività a breve e devono ottemperare a normative stringenti solidità e capitalizzazione. E quando faticano a raggiungere questi obiettivi, ecco fioccare fusioni e ristrutturazioni.

Quarant'anni fa era inimmaginabile il fallimento di un gruppo bancario. Quarant'anni fa le banche inviavano impiegati nelle ultime classi di ragioneria a distribuire volantini che promuovevano il proprio istituto. Oggi non è facile trovare un posto in banca. I neo assunti, compresi i lauereati, devono accettare condizioni economiche e contrattuali simili a quelle di altri settori.

Chi desidera lavorare in una banca, insomma, deve essere ben motivato, non mirare a un lavoro comodo e sicuro per tutta la vita.

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