Economia

I Benetton in manovra cercano soci

Adr deve accelerare gli investimenti e crescere all'estero. Il riassetto dell'abbigliamento e la strategia di Autogrill

I Benetton in manovra cercano soci

Fatta l'alleanza Alitalia Etihad, ora tocca a Fiumicino, l'hub di riferimento della nuova compagnia aerea, aprire le porte agli arabi. La famiglia Benetton, che attraverso Atlantia è ormai il socio italiano industriale Alitalia, si prepara in autunno a fare entrare nel capitale di Adr, la società che controlla gli aeroporti di Roma, un fondo sovrano di Abu Dhabi, probabilmente l'Adia. Ma perchè proprio ora che lo scalo di Fiumicino è pronto al rilancio la famiglia Benetton vuole «condividerne» i potenziali benefici con un nuovo socio? La risposta è industriale e strategica, nonchè finanziaria e affonda le sue radici nello «stile» della famiglia di Ponzano Veneto e nelle sue mire oltre confine.

Aspettando Etihad, il traffico domestico al momento non cresce (+0,6% nei primi 6 mesi; -7,2% quello Alitalia). Per questo i Benetton sanno, da tempo, che è venuto il momento di espandersi: non per altro sono in gara per l'aeroporto di Santiago del Cile. Per fare questo, però, hanno bisogno di un socio forte, e liquido, che gli consenta di fare il salto dimensionale senza troppi sforzi. Lo stesso vale sul fronte interno dove, a Fiumicino, ci sono da fare grossi investimenti. Secondo il contratto di programma del 2012 l'impegno a carico di Adr per l'ammodernamento del «Leonardo da Vinci» è di circa 12 miliardi al 2044. Si tratta di un progetto di sviluppo definito «senza eguali sia per dimensione, sia per complessità» ha spiegato Giovanni Castellucci, l'ad della capogruppo Atlantia. Inoltre, l'arrivo di Etihad costringe i Benetton ad accelerare gli investimenti se vuole che Fiumicino possa sostenere lo sviluppo promesso dagli arabi.

Ecco allora che un socio forte finanziariamente è quanto mai urgente. D'altra parte, se è vero che Adr è «coperta» dalle nuove tariffe, che assicurano un'entrata sicura. Non si può dimenticare il braccio di ferro che ebbero proprio sugli investimenti Gilberto Benetton e l'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Con il primo che, per anni, ha subordinato gli investimenti su Fiumicino allo sblocco delle tariffe, mossa che è avvenuta solo con il governo Monti, come «regalino» di Natale prima delle sue dimissioni. Insomma, la galassia Benetton è remunerativa (soprattutto grazie ai business tariffati), ma la famiglia di Ponzano non vuole fare il passo più lungo della gamba senza una garanzia: una volta con l'aumento delle tariffe, l'altra, con un nuovo socio. Che in questo caso serve a supportare gli investimenti e a crescere all'estero senza «pericoli». Guardando infatti alla struttura debitoria di Adr non c'è da stare tranquillissimi.

L'azienda è gravata da un'esposizione per 729 milioni (al 30 giugno) e, tra i «rischi di liquidità» indicati nella relazione intermedia sulla gestione al 30 giugno della controllante Atlantia, si ricorda che «una quota ancora significativa delle risorse generate dalla gestione viene assorbita dal servizio del debito». Per i Benetton - che comunque a luglio hanno incassato 42,8 milioni in dividendi dalla holding Edizione - scotta l'investimento nell'allora Cai, oggi Alitalia, dove hanno bruciato 140 milioni, e impiegato 90 milioni con l'operazione Etihad (la loro quota è del 7,44%).

E con il riassetto dell'abbigliamento in corso, le autostrade e gli autogrill che dipendono dai consumi, per i Benetton restare al 95,9% di Adr non ha più senso. Mentre appare un piano perfetto cedere parte del capitale per essere supportati negli investimenti, mantenendo la maggioranza e beneficiando delle entrate tariffarie.

Andrà meglio del tentativo fatto con gli asiatici di Changi, usciti poi di scena con la fusione Gemina-Adr, ma il rischio, dopo i casi Agnelli, Boroli e Salini, è che (con la scusa del nuovo socio) anche i Benetton possano essere tentati dal volare oltre confine.

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