Economia

I giudici decidono il destino dell'Ilva

Domani il verdetto del Tribunale del Riesame sull'Altoforno 2

I giudici decidono il destino dell'Ilva

Il destino dell'ormai famoso «Altoforno 2», e quindi cosa ne sarà dell'ex Ilva di Taranto, sarà deciso domani dal Tribunale del Riesame.

I giudici si pronunceranno sul ricorso presentato da Ilva in amministrazione straordinaria - società proprietaria degli impianti mentre ArcelorMittal è in affitto - e stabilire se restituirle l'altoforno per gli ulteriori lavori di messa in sicurezza. Oppure confermare il «sequestro senza facoltà d'uso,» deciso dal giudice Francesco Maccagnano lo scorso 10 dicembre. Un verdetto che, di fatto, ha già provocato l'avvio del cronoprogramma per mettere fuori uso l'Altoforno 2, uno dei tre in funzione dello stabilimento pugliese.

Se il riesame dovesse confermare la decisione della seconda sezione penale del Tribunale di Taranto, i commissari dell'ex Ilva dovrebbero procedere allo spegnimento già a metà gennaio.

L'udienza al Riesame si terrà a porte chiuse, vedrà l'intervento del giudice relatore, quindi la parola passerà agli avvocati di Ilva in amministrazione straordinaria, Filippo Dinacci e Angelo Loreto. Nel ricorso i legali hanno chiesto un provvedimento d'urgenza e hanno chiesto un'ulteriore proroga di nove mesi. Il tempo tecnico necessario - si osserva - per realizzare e installare la «macchina a tappare», chiesta dal custode giudiziario Barbara Valenzano e inserita nelle prescrizioni di sicurezza.

Il caso giudiziario è partito da un incidente mortale che si è verificato nel 2015 (perse la vita Alessandro Morricella). La difesa sostiene che dopo i primi lavori l'altoforno è già sicuro per gli operatori. Adesso i nuovi interventi (ordinate sei nuove macchine per i due campi di colata con un investimento complessivo di circa 10 milioni di euro, di cui 3,5 bonificati come acconto) servono ad abbattere completamente il rischio.

Al di la del caso giudiziario, l'Altoforno 2 è fondamentale per il piano di rilancio delle acciaierie pugliesi. Il piano di ArcelorMittal prevede che sia dismesso nel 2023, quello del governo giallorosso, illustrato ai sindacati dal ministro allo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli (nella foto) due anni prima. Lo spegnimento potrebbe rendere più difficile la trattativa con il gruppo siderurgico franco indiano.

Ilva aveva già ottenuto diverse proroghe. Il Tribunale ha ritenuto di non concederne altre, visto che a distanza di quattro anni i responsabili dell'impianto non hanno ancora adempiuto a tutti gli obblighi.

I sindacati hanno espresso preoccupazione.

Con lo spegnimento «si arriverebbe a una produzione, con solo due altoforni, a circa 3 milioni di tonnellate e 6mila lavoratori in cassa integrazione», ha sottolineato il leader Uilm, Rocco Palombella.

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