Economia

I mercati ancora ostaggio di Cina e petrolio

Altra frenata dell'industria del Dragone. Tramonta l'intesa Opec-Russia: -6% il greggio

Cina e petrolio continuano a tenere in ostaggio i mercati. La conferma da parte del presidente della Bce, Mario Draghi, che in marzo saranno ampliate le misure di contrasto alla deflazione e di sostegno alla crescita, stavolta non è bastata a tenere a galla le Borse. Chiusure in negativo ovunque, seppur contenute (-0,92% Milano), determinate dalla caduta dell'indice Pmi manifatturiero cinese, ai minimi da tre anni. È il sesto calo consecutivo del termometro più efficace per testare la temperatura dell'economia del Dragone, essendo basato non solo sugli ordini alle imprese. È anche la prova ulteriore del calo dell'attività a causa della sovracapacità, della debolezza della domanda mondiale e dei piano governativi contro la corruzione. Insomma, il riflesso fedele della frenata già vista con l'espansione del Pil 2015 limitata al 6,9%, il livello più basso da 25 anni. La difficoltà dell'ex Celeste Impero a governare la transizione da un'economia basata esclusivamente sull'export a una in cui hanno un peso anche i consumi interni, non è priva di conseguenze a livello globale. La più evidente è la contrazione subìta dalla domanda di petrolio, con i prezzi del greggio in picchiata negli ultimi mesi. Ieri, l'ennesima caduta: le quotazioni sono crollate a New York di oltre il 6%, a 31,57 dollari al barile, in seguito al raffreddamento dell'ipotesi di un taglio congiunto della produzione da parte dell'Arabia Saudita e della Russia. Un portavoce di Rosneft, la compagnia di Stato russa, ha fatto sapere che « abbiamo continuamente consultazioni con l'Opec, tutte le posizioni sono note e non ci sono stati cambiamenti». Secondo Goldman Sachs, un taglio della produzione da parte del Cartello a questo punto sarebbe inutile. «Alla luce del tempo probabilmente necessario ad una mossa del genere, alla continua crescita delle scorte negli Stati Uniti e a livello globale potrebbe essere troppo tardi per i produttori Opec per prevenire un nuovo e forte calo dei prezzi». Standard & Poor's ha intanto messo sotto osservazione con implicazioni negative il rating di cinque compagnie petrolifere europee, Eni compresa (le altre sono Bp, Repsol, Statoil e Total) e ha tagliato il giudizio a Royal Dutch Shell. l'ingleseNelle scorse settimane era stata ventilata la convocazione, per il prossimo mese, di un vertice straordinario del Cartello proprio allo scopo di discutere l'opportunità di un taglio dell'output. Un summit che molto difficilmente si terrà. Molti produttori appartenenti all'Opec spingono perché la prima mossa venga fatta dai Paesi esterni al Cartello.

Inoltre, i rapporti tesissimi tra Arabia Saudita e Iran certo non aiutano la convergenza verso un ridimensionamento dei livelli produttivi.RPar

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