Economia

Intesa, Bazoli sarà presidente emerito

La carica inserita nel nuovo statuto: avrà un ruolo consultivo fino al 2019. Decisivo il parere delle Fondazioni

«La mia avventura milanese sta per finire», aveva detto lo scorso 6 ottobre il dominus di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. L'avventura diventa invece «emerita» e continuerà fino al 2019. Ovvero il tempo necessario per accompagnare la transizione dal modello di governance duale a quello monistico introdotto con il nuovo statuto approvato ieri all'unanimità dal consiglio di gestione e poi da quello di sorveglianza.

Il documento prevede all'ultimo articolo - il numero 37 - la figura del «presidente emerito» ritagliata attorno all'83enne Bazoli il quale, per tre anni e senza emolumenti, potrà «esprimere pareri e partecipare a riunioni, con funzione consultiva, su richiesta del presidente e/o del consigliere delegato», nonché collaborare «nella progettazione e nella realizzazione delle iniziative culturali del gruppo» con il presidente del cda che sarà nominato a primavera. Le manovre sulle candidature partiranno ufficialmente quando sarà terminato l'iter per il rinnovo della governance (il nuovo statuto sarà ora inviato alla Bce che avrà 90 giorni per dare il via libera) ma in base alle indiscrezioni raccolte finora dal Giornale la scelta potrebbe ricadere o su una figura poco esposta alla ribalta finanziaria, come quella dell'attuale consigliere di sorveglianza Carlo Corradini, o su un «papa straniero» espressione degli investitori esteri che sono arrivati a sfiorare il 65% del capitale della banca. Ma anche in questo caso, decisiva sarà la mediazione di Bazoli e dell'amico Giuseppe Guzzetti, patron della Fondazione Cariplo.

Non a caso, l'articolo 37 sarebbe stato inserito su suggerimento degli enti azionisti a titolo di riconoscimento per il lavoro svolto da Bazoli dal 1982, quando l'allora ministro del Tesoro, Beniamino Andreatta, quattro giorni dopo la misteriosa morte di Roberto Calvi, risolve il crac del Banco Ambrosiano facendo fallire la banca e creando un nuovo istituto che affida a un avvocato bresciano conosciuto ai tempi dell'università Cattolica. Da avvocato di provincia a «banchiere per caso», Bazoli diventerà l'artefice di un matrimonio dopo l'altro: prima tra l'Ambroveneto e la Cariplo, più tardi battezzata Banca Intesa, poi tra Intesa e Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, per culminare con l'acquisizione della Comit, la più prestigiosa tra le ex banche pubbliche italiane nonché la più importante banca laica del Paese. Un lungo percorso che porterà, dopo la fusione avvenuta nel 2006 fra Intesa e il Sanpaolo di Torino, alla nascita del big del credito che ancora oggi presiede.

Lungo questa strada il banchiere cattolico ha spesso trovato il grande «vecchio» della finanza laica, Enrico Cuccia (deceduto nel 2000), il quale più volte tentò di convertire al capitalismo Bazoli che diceva di voler conciliare il Vangelo con i bilanci. Il dominus di Mediobanca continuò a decidere le sorti dell'istituto anche dopo aver ceduto lo scettro di amministratore delegato. Ma nemmeno a Cuccia era riuscita l'impresa di conquistare il titolo di «emerito» nello statuto: venne nominato nel marzo del 1988 presidente onorario con acclamazione e su proposta di quello effettivo, Antonio Maccanico.

Ma «regnò» ancora per altri 12 anni.

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