Economia

Italia 90, mutui finiti di pagare ora. E presto si riparte con le Olimpiadi

A dicembre 2015 gli ultimi 61 milioni per coprire le spese del mondiale degli sprechi. I radicali: ora un referendum sulla candidatura di Roma 2024

Italia 90, mutui finiti di pagare ora.  E presto si riparte con le Olimpiadi

Opere incompiute, stadi demoliti dopo appena vent’anni di uso, stazioni chiuse dopo il passaggio di una dozzina di treni. L’eredità dei mondiali di calcio di Italia ’90, delusione calcistica a parte, sono una delle peggiori macchie nella storia dei grandi eventi nel nostro Paese. E quell’eredità che grida vendetta nelle nostre città, silenziosamente ha continuato a pesare sui bilanci pubblici fino a ieri. La notizia la dà Riccardo Magi, segretario dei Radicali italiani: “Abbiamo finito a dicembre scorso di pagare i mutui per i mondiali di calcio del 1990”. Ed effettivamente nel bilancio di previsione di Palazzo Chigi per il 2015 c’è una voce di spesa per 61,2 milioni di euro (una cifra persino superiore di quella pagata negli ultimi anni) il cui giustificativo rimanda alla legge 65 del 1987, ovvero la legge che servì a finanziare le nuove strutture sportive destinate ai campionati di calcio che risultarono a posteriori uno dei mondiali più costosi della storia, con una spesa di oltre 7 mila miliardi di lire, di cui 6mila a carico dello Stato. Un salasso da oltre tre miliardi e mezzo di euro, “traducendo” la cifra nella valuta attuale senza rivalutarla, per carità di patria.

Ci sarebbe almeno da tirare un sospiro di sollievo, come quando si paga l’ultima rata del mutuo della casa. Siamo liberi finalmente. O forse no. Perché a quanto pare stiamo per ricominciare da capo: il governo Renzi ha confermato l’intenzione di far concorrere Roma alle Olimpiadi del 2024 e ha già stanziato dieci milioni per le prime spesucce. C’è però chi vorrebbe avere garanzie che l’esperienza disastrosa del ’90 non si ripeterà. La rivelazione di Magi coincide con l’annuncio dell’avvio della raccolta firme per chiedere ai romani cosa ne pensano: un referendum, a norma di statuto del Campidoglio, per far decidere alla città se si sente pronta a ospitare l’evento, dopo il gran rifiuto imposto dall’ex premier Monti (anche in quel caso senza chiedere nulla ai romani). Un’iniziativa già tenuta in altre città candidate, da Monaco a Davos. Contro il referendum si è già schierato Luca di Montezemolo, presidente del comitato promotore, secondo cui “Roma si è gia espressa”. Il riferimento è a un voto del consiglio comunale. Ma, contesta il comitato referendario, si trattava solo di una mozione, promossa dal consiglio ormai decaduto, senza che ci fosse alcun piano di spesa o studio di fattibilità.

“Non siamo pregiudizialmente contrari ai grandi eventi -dice Emma Bonino, presente alla conferenza stampa del comitato promotore del referendum con Oliviero Beha e il segretario cittadino dei radicali Alessandro Capriccioli- ma vorremmo che ci fossero trasparenza e coinvolgimento dei cittadini”. La leader radicale insiste sulla necessità di un cambio di metodo, per evitare che si proceda all’oscuro per anni per poi arrivare alla solita emergenza che giustifica le scorciatoie. Uno scontro che potrebbe dividere Roma.

Di certo è auspicabile che si trovi il modo di evitare la “maledizione del vincitore”, un effetto aumento delle tasse e peggioramento dell’economia che, secondo l’economista Wladimir Andreff ha colpito non poche nazioni ospitanti del grande evento sportivo.

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