Economia

Gli italiani sono sempre più poveri

RomaPeggiora il Pil, aumenta la povertà: un dramma economico, fotografato in contemporanea e, rispettivamente, dal Centro studi della Confindustria e dalla ricerca Cnel-Istat.
Dice questo studio che la quota di italiani con un reddito che le statistiche collocano al di sotto del limite della povertà sale all'8 per cento. Un dato trasversale. Colpisce indistintamente ogni area del Paese: dal 4% al 6,4% nel Nord, dal 4,1% al 5,7% nel Centro, dall'8,8% all'11,3% nel Mezzogiorno.
La crisi, dunque, impoverisce sempre di più le famiglie italiane, che - non a caso - spendono meno e soprattutto si indebitano meno: nel 2013 la propensione al risparmio è aumentata del 12,8%.
Logica conseguenza, si riduce intorno al 5% il ricorso all'indebitamento. «Le famiglie - si legge nel rapporto - hanno dunque contratto i propri consumi, per poter risparmiare o indebitarsi di meno».
Ma una conseguenza della crisi è anche il boom di rapine e furti, reati da cui si possa ricavare un guadagno economico: nel 2012 c'è stato, in particolare, un aumento di quasi il 40% rispetto al 2010 dei furti in abitazione.
Altra faccia della crisi, la componente sociale. Gli italiani - secondo il rapporto Cnel-Istat - sono sempre più stressati; soprattutto gli uomini tra i 18 e i 24 anni. E infatti è quella dei giovani la categoria più colpita: nel 2013 oltre uno su quattro non studia e non lavora, oltre sei punti percentuali in più del periodo pre-crisi. Non stupisce, dunque, che siano i «meno soddisfatti» della propria vita: l'indicatore di soddisfazione cala dal 37% del 2012 al 32,5% del 2013.
Le difficoltà economiche fanno crescere anche la sfiducia degli italiani nei confronti del prossimo: nel 2013 solo il 20,9% delle persone di 14 anni e più ritiene che gran parte della gente sia degna di fiducia.
Con questo quadro sociale, la previsione del Centro studi di Confindustria sembra quasi scontata. Nel 2014 il Pil nazionale salirà appena dello 0,2 per cento e nel 2015 dell'1 per cento. Nelle previsioni precedenti, Confindustria aveva ipotizzato una crescita dello 0,7 per cento quest'anno e dell'1,2 per cento il prossimo. Il governo ha scritto nei propri documenti ufficiali che nel 2014 il Pil aumenterà dello 0,8% e nel 2015 dell'1,3%.
Nonostante il dato negativo, gli imprenditori non sono completamente pessimisti sulle prospettive economiche.
«L'Italia non è più sull'orlo del baratro», osserva Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, anche se «i numeri sono ancora difficili da accettare». E sottolinea come sia «necessaria una scossa politica molto forte per riportare l'Italia su un più alto sentiero di sviluppo», precisa il Centro studi Confindustria, secondo il quale «la turbolenza politica rimane un freno, seppure si sia molto attenuata e abbia preso corpo nel Paese l'aspettativa di importanti riforme». Comunque, Confindustria non prevede manovre correttive di finanza pubblica.
E non è un caso. Il peggioramento del dato sulla crescita - paradossalmente - potrebbe agire a favore del governo. Come ha ricordato nei giorni scorsi il portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, il Patto di stabilità europeo prevede principi di elasticità per il deficit. E questi vengono applicati in modo particolare quando la congiuntura economica peggiora, rispetto alle previsioni.


Ne consegue che il dato del Centro studi di viale dell'Astronomia prospetta proprio quest'ipotesi: Pil ridotto, ovvero più margini di manovra sui conti pubblici.

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