Economia

Jovane si dimette da Rcs A Costa tutte le deleghe

L'ad ha perso la fiducia di molti soci, compresa Fca, e delle banche. Lascia con 750mila euro di buonuscita

«Come succede spesso in una coppia, quando si parla di separazione consensuale, alla fine è uno dei due partner a spingere verso la porta l'altro quando capisce che ormai il rapporto non funziona più». Un banchiere milanese liquida con questa battuta l'uscita dell'ad di Rcs, Pietro Scott Jovane che ieri ha presentato le sue dimissioni sul tavolo del cda. Il board le ha accolte e, in attesa di nominare un successore, ha conferito temporaneamente tutte le cariche operative al presidente Maurizio Costa. Jovane se ne andrà il 15 ottobre con in tasca una buonuscita di 750mila euro lordi più il Tfr. Che si confronta con i circa 4 milioni incassati dal precedente ad Antonello Perricone, i 7,8 milioni circa di Vittorio Colao e fra i 15 e 17 milioni per Maurizio Romiti.

Ma come si è arrivati allo strappo finale fra i soci del gruppo editoriale e il manager arrivato nel 2012 da Microsoft? Le tensioni interne vanno avanti da mesi. Anzi, lo stesso rinnovo al timone avvenuto la scorsa primavera sarebbe stato deciso su pressing di John Elkann, ovvero dell'azionista di maggioranza Fiat, a quel tempo già costretto a digerire la mancata nomina come direttore del Corriere della Sera di Mario Calabresi (direttore della Stampa ) al posto di Ferruccio De Bortoli, poi sostituito da Luciano Fontana. Gli altri soci hanno peró continuato ad avere dubbi sul fatto che Jovane fosse l'uomo giusto per rilanciare Rcs. Con il nuovo cda, sono arrivati nuovi consiglieri e nuove priorità. Le proposte finite sul tavolo sarebbero state considerate inadeguate, il piano che doveva essere presentato a settembre non è arrivato. A ogni riunione il clima si faceva sempre più teso. Si sarebbe quindi aspettato la chiusura dell'operazione Libri per poi arrivare appunto alla separazione consensuale con il manager che avrebbe già pronto un posto nella internet company, Banzai. «Il nuovo ad- si legge in una nota- verrà individuato al più presto». Dovrà redigere un piano industriale teso soprattutto al contenimento del debito che a giugno ha raggiunto i 526 milioni e che continua a salire portando il gruppo dritto verso un nuovo aumento di capitale da 190 milioni. L'operazione va evitata perché i soci - ad eccezione di Urbano Cairo - non hanno alcuna intenzione di rimettere mano al portafoglio. Decisivo è dunque il negoziato con le banche creditrici sulla ristrutturazione del debito che in base ai contratti di finanziamento non dovrà superare a fine anno i 440 milioni: ieri mattina i rappresentanti di Intesa, Ubi, Mediobanca, Unicredit e Bpm hanno incontrato i vertici di Rcs che avrebbero chiesto di prendere come riferimento la posizione finanziaria netta (circa 350 milioni) che la società si ritroverà dopo avere incassato i 127,5 milioni frutto della vendita dei Libri a Mondadori (soldi attesi per gennaio, dopo il verdetto Antitrust). Oggi le richieste verranno formalizzate.

A Piazza Affari, intanto, il titolo Rcs ha perso un altro 6,48% a 0,82 euro.

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