Economia

L'Arabia quota Aramco. E si gioca tutto

C'è l'ok alla Borsa. È la matricola più grande di sempre, obiettivo 2mila miliardi

L'Arabia quota Aramco. E si gioca tutto

Luce verde all'Ipo di Saudi Aramco, la più grande della storia. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha detto sì alla quotazione del colosso petrolifero saudita e oggi dovrebbe ufficialmente, e pubblicamente, darne l'annuncio.

Una decisione storica, presa dopo 3 anni di stop and go. Nel dettaglio, la quotazione dovrebbe riguardare il 2% del capitale, e la valutazione dovrebbe aggirarsi tra 1.500 e 1.700 miliardi di dollari (un valore monstre sopra a quello di Microsoft e Apple). Il prezzo finale, secondo indiscrezioni, sarà fissato a metà novembre, mentre per la vendita sul mercato delle azioni bisognerà attendere il 4 dicembre.

L'aspirazione dei principi è di strappare per la compagnia di Stato una valutazione di 2mila miliardi di dollari, una cifra troppo elevata a giudizio della maggior parte degli analisti che vedono tra i rischi latenti un quadro economico globale cupo, l'attivismo per il cambiamento climatico e la debole prospettiva per i prezzi del petrolio. Insomma per l'Arabia l'Ipo rappresenta un test in cui si gioca molto. Un flop anche parziale dell'operazione rappresenterebbe infatti un pericolo per il valore dell'oro nero, su cui poggia l'economia del Paese, e potrebbe cambiare gli stessi equilibri all'interno dell'Opec.

Questo anche se Aramco, che ha quasi un secolo di storia, è oggi un gioiello da miliardi di dollari con una capacità di produzione di oltre 12 milioni di barili al giorno (parzialmente compromessa dai recenti attentati). L'offerta dovrebbe comunque consentire di rastrellare tra i 20 e i 40 miliardi di dollari, quindi molto di più dei 25 miliardi raggiunti da Alibaba, a oggi la regina indiscussa delle quotazioni a livello mondiale.

Ma quale sarà la «piazza» del debutto? Lo sbarco potrebbe essere su più fronti: si parla all'inizio di Tadawul, destinato a rimanere il listino primario, e poi un dual listing a Londra, a Wall Street o forse a Hong Kong. Di recente, la presidenza della compagnia petrolifera è stata strappata a Khalid al Falih, che poco dopo ha anche perso l'incarico di ministro dell'Energia, assegnato al principe Abdulaziz bin Salman, fratello per parte di padre del sempre più dispotico Mohammed. Presidente di Saudi Aramco è diventato Yasser al-Rumayyan, già governatore del fondo sovrano, nonchéuomo di fiducia del principe ereditario. Non a caso, proprio la corona avrebbe lavorato di sponda, per supportare le banche verso l'Ipo e assicurarsi l'interesse di paesi amici del Golfo, inclusa la Cina.

A traghettare lo sbarco in Borsa diversi big: ci sarebbero, oltre alle banche saudite, JpMorgan Chase e Morgan Stanley, Bofa Merrill Lynch, Goldman Sachs, Credit Suisse, Citigroup, Hsbc. La maxi-ipo fa parte del «Saudi Vision 2030», un piano che si concentra su riforme strutturali, privatizzazioni e sviluppo delle pmi per diversificare l'economia del Paese, molto incentrata sul petrolio. Per questo, il principe saudita non si accontenterà di questo primo step e se la quotazione dovesse andare bene si prepara a mettere sul mercato fino al 5%. Quanto ai conti Aramco, ha registrato un calo del 12% nell'utile del primo semestre 2019 raggiungendo i 46,9 miliardi di dollari rispetto ai 53 miliardi di dollari dell'anno precedente. I ricavi totali hanno raggiunto 163,88 miliardi di dollari, in riduzione dai 167,68 miliardi, per via del calo dei prezzi del petrolio e della riduzione della produzione.

Numeri in calo, ma monstre se si pensa che Apple ha realizzato ricavi per 59,5 miliardi di dollari nel 2018, e ExxonMobil 20,8 miliardi di dollari.

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