Economia

L'Islanda pensa ad un azionariato di cittadinanza

In realtà dietro la proposta c'è l'ipotesi che lo Stato, che attualmente ha il 5% di Íslandsbanki, si accolli il restante 95%

L'Islanda pensa ad un azionariato di cittadinanza

Dopo avere incarcerato 26 banchieri responsabili di aver provocato la grande crisi finanziaria che ha mandato in bancarotta il paese, le autorità islandesi stanno pensando a un maxi dividendo da distribuire a ogni cittadino. A Reykjavik infuria il dibattito dopo che nei giorni scorsi il ministro delle Finanze Bjarni Benediktsson, che è leader del Partito dell'Indipendenza (euroscettici di centrodestra), ha avanzato la proposta di ripartire fra i 330mila abitanti dell'isola una quota del 5% dell'azionariato della Íslandsbanki, una delle tre grandi banche dell'isola.

Considerando che la capitalizzazione della banca, nata nel 2008 dalle ceneri della Glitnir banki, travolta dalla crisi finanziaria, è di 187 miliardi di corone islandesi (1,3 miliardi di euro), il 5% rappresenterebbe un valore pari a 9,3 miliardi di corone, con una quota per ciascun islandese di poco meno di 30mila corone (circa 215 euro). Una somma esigua, ma dal forte valore simbolico, visti i forti sacrifici affrontati dalla popolazione dopo lo scoppio della bolla finanziaria, che ha portato al fallimento delle principali banche dell'isola.

In realtà dietro la proposta di Benediktsson c'è l'ipotesi che lo Stato, che attualmente ha il 5% di Íslandsbanki, si accolli il restante 95%, controllato dalla holding ISB, che raccoglie i principali creditori della vecchia Glitnir.

Una manovra poco popolare che il ministro delle Finanze vorrebbe far digerire con questo "azionariato di cittadinanza".

Ma dopo aver rimborsato - all'inizio di ottobre e in anticipo di undici mesi sulla scadenza - le ultime rate del debito da 2,1 miliardi di dollari contratto a suo tempo con il Fondo Monetario Internazionale per uscire dalla crisi, a Reykjavik confermano la volonta di fare finanza creativa, questa volta però, pensando ai cittadini prima che ai profitti.

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