Economia

L'ultimatum di Etihad all'Alitalia

Gli emiri vogliono garanzie su esuberi e debiti: la trattativa si incaglia. Ma la società convoca il cda per martedì

L'ultimatum di Etihad all'Alitalia

La trattativa tra Alitalia ed Etihad è entrata in una fase di turbolenza, anche se ieri sera si è appreso che la società ha convocato il cda per martedì prossimo. Mentre il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha garantito che «si va avanti». Non una rottura, dunque, come poteva sembrare ieri dopo alcune indiscrezioni; ma la compagnia araba, che ha posto a Roma una lista di condizioni alle quali non ha ancora ottenuto risposte soddisfacenti, ora ha messo qualche ultimatum. Lupi ha assicurato che Alitalia sta lavorando alle questioni scritte di Etihad, e che dopo le risposte arriverà la lettera d'intenti. Ha aggiunto che si tratta di una questione tra privati. Si è confermato ottimista sull'esito finale, e ha ammesso che «qualcuno sta lavorando contro Alitalia» senza smentire che questo soggetto possa essere Air France.

Le intenzioni sono serie: per Etihad una partecipazione in Alitalia (e, magari, nell'hub di Fiumicino) è una svolta per la strategia di sviluppo in Europa. Per Alitalia si tratta dell'ultima occasione di salvezza e di rilancio prima di un nuovo fallimento; le casse appena rifinanziate e la buona stagione alle porte non rendono il collasso imminente, ma guardando al medio-lungo periodo Etihad sembra l'unica soluzione oggi possibile.

Eppure l'allungamento dei tempi, i silenzi di Alitalia, i rinvii del cda non sono buoni segnali; inoltre la politica rischia forse di disturbare, piuttosto che di facilitare l'operazione. Lupi - che è anche capolista del Nord Ovest alle europee per il Ncd, e che quindi è personalmente interessato ad apparire - una cosa importante che starebbe nelle mani sue e del governo non l'ha (ancora) fatta: un decreto che liberalizzi il traffico di Linate, una delle più ferme richieste «di sistema» di Etihad. Ieri Lupi ha solo ribadito che il piano prevede anche lo sviluppo di Malpensa.

A parte comunque i nodi ancora irrisolti - oltre a Linate, i principali riguardano l'occupazione e la ristrutturazione del debito verso le banche - c'è anche una questione di vil denaro. Gli arabi ne possiedono a profusione, ma non amano sprecarlo. Così stanno attentamente valutando le compatibilità economiche dell'operazione. Nel dicembre scorso, in sede di aumento di capitale, la compagnia è stata valorizzata meno di 400 milioni (le Poste sono entrate con il 20% circa versando 75 milioni). È legittimo che gli arabi facciano due conti; se - come si è ipotizzato spesso in questo periodo - Etihad potrebbe acquistare il 40% del capitale versando 300 milioni, Alitalia in questa fase verrebbe valorizzata il doppio. A che titolo? Solo perché il compratore è ricco? Inoltre, se la situazione di cassa di Alitalia non è, a oggi, compromessa, ci si chiede quali siano i conti della compagnia, se stiano migliorando o peggiorando; dato questo non ininfluente in una trattativa. Va osservato che Alitalia non ha ancora diffuso nè i numeri dell'intero esercizio 2013 nè quelli relativi al primo trimestre del 2014. L'ultimo dato ufficiale è riferito ai primi nove mesi del 2013, periodo nel quale la perdita era stata di 162 milioni. Gli esuberi restano sempre un elemento di precodizione all'accordo. Etihad vuole entrare in una compagnia più piccola e già ristrutturata; i 1.900 tagli trattati con sistemi di solidarietà non bastano, potrebbero servirne mille di più e soprattutto con strumenti più radicali. Il sindacato aspetta un piano.

Finora il ministro Lupi ha solo gettato acqua sul fuoco ripetendo che non ci saranno ulteriori esuberi.

Anche ieri ha ripetuto: «Non mi risultano».

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