Economia

La maxi Ipo di Nexi delude le attese e debutta in rosso: -6%

Dai 9 euro del collocamento, scende a 8,4 L'ad Bortoluzzo: «È soltanto la prima tappa»

La maxi Ipo di Nexi delude le attese e debutta in rosso: -6%

Esordio da dimenticare per l'Ipo dell'anno. Nexi, che con un controvalore complessivo dell'offerta di 2 miliardi detiene per ora il titolo del maggior collocamento a livello globale, ha chiuso la prima sua seduta di Borsa in calo del 6,2% a 8,44 euro. Volumi alle stelle: sono stati scambiati 62,4 milioni di titoli su un flottante di 223 milioni di titoli (pari al 35,6% del capitale).

Il crollo della società leader in Italia nei pagamenti elettronici ha colto di sorpresa gli investitori. Non soltanto perché il collocamento - misto, vendita-aumento capitale - aveva riscontrato l'interesse di ben 340 investitori istituzionali (tra cui Amundi con oltre il 2% del capitale, Dws, Azimut, Anima, Cattolica e Generali Investment), ma soprattutto perché l'operazione era per l'appunto riservata a fondi, fondi pensione, fondi sovrani (come Gic, il fondo di Singapore, al 3,2% del capitale) banche, hedge fund, insomma a quella pletora di entità definite come «investitori istituzionali» e che dovrebbero aver ben chiaro il prezzo giusto per ogni investimento. E, in questo caso, il prezzo fissato per il collocamento era di 9 euro per azione, nella parte bassa della forchetta iniziale (8,5 euro 10,35 euro) e pari a una valorizzazione del gruppo di 17,2 volte il suo margine operativo lordo o di 34 volte l'utile netto. Non certo prezzi da saldo, soprattutto se si considera l'elevato indebitamento dell'ex CartaSì (il rapporto tra debito e margine operativo lordo dovrebbe scendere a fine anno a 3,5 da 6,1 del 2018), l'indisponibilità del management a pagare il dividendo sul 2019 e il punto interrogativo rappresentato dalle possibili future acquisizioni. Per ora comunque non sono stati diffusi studi ufficiali da parte dei broker che indichino le prospettive del gruppo e, in base a queste, l'obiettivo di prezzo del titolo.

«Il mercato dei pagamenti digitali è in espansione a livello mondiale. E molti hedge fund devono aver scommesso su un possibile rally a Piazza Affari nel primo giorno in cui la società apriva il capitale anche agli investitori privati, salvo poi chiudere subito la posizione nel momento in cui il titolo ha iniziato a vendere», sostiene Vincenzo Longo di IG per poi aggiungere: «Si tratta di speculazione pura: simili operatori di Borsa preferiscono chiudere in perdita un'operazione, piuttosto che doversi gestire un investimento come questo in un periodo che si preannuncia bollente in vista delle elezioni europee». Sul mercato non manca, poi, chi azzarda operazioni di vendita allo scoperto effettuate ipotizzando un periodo turbolento per la Borsa italiana.

La sola certezza è che a vendere non sono stati né gli azionisti di controllo, Bain Capital, Advent e Clessidra (tramite il veicolo Mercury detengono il 62,6% del capitale che scende al 57,3% in caso di esercizio della greenshoe) legati a un vincolo di lock up per i prossimi sei mesi, né le banche rimaste nel capitale con quote marginali (Banco Bpm, Banca Popolare di Sondrio, Banca di Cividale, Credito Valtellinese e Iccrea Banca) che si sono impegnate a non vendere per tre mesi.

«Oggi è solo il primo giorno di un lungo percorso. Poi vedremo», ha commentato in merito Paolo Bertoluzzo, ad del gruppo, ridimensionando lo scivolone di Borsa per poi sottolineare come lo sbarco a Piazza Affari «sia un punto di partenza».

Quanto al prossimo futuro, il manager indica come obiettivo quello di «diventare champions in Europa» anche attraverso acquisizioni, ma non si esprime sulla concorrente Sia che, nel frattempo, stando a Raffaele Jerusalmi, ad di Borsa Italiana, potrebbe approdare quanto prima a Palazzo Mezzanotte.

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