Economia

Mediaset punta al doppio dei margini

Previsto un «ebit» di 468 milioni. Nuovi partner per Premium in chiave anti-Vivendi

Cinzia Meoni

Mediaset festeggia una raccolta pubblicitaria 2016 in aumento del 4% e scommette sul futuro di Premium, la pay tv del Biscione - al centro dello scontro con Vivendi - che si aprirà a terzi, produttori di contenuti interessati a proporre un'offerta pay sulla piattaforma digitale o operatori interessati ai canali pay del Biscione. Il nuovo assetto permetterà alla società di partecipare alle prossime aste per i diritti del calcio. È questo uno degli snodi cruciali del le indicazioni strategiche al 2020 che saranno presentate oggi a Londra agli analisti da Pier Silvio Berlusconi, vice presidente e ad del gruppo, Marco Giordani, direttore finanziario di Mediaset, e Stefano Sala, ad di Publitalia '80.

Il gruppo tv punta ad espandere la quota di mercato pubblicitario (che passerà dall'attuale 37,4% a oltre il 39% nel 2020) e a migliorare la redditività grazie allo sviluppo di contenuti, ad alleanze internazionali come la recente Studio71, nuovi contenuti online first e il lancio di una piattaforma di nuova generazione. In particolare l'utile operativo delle attività italiane nel 2020 è atteso a 468 milioni rispetto all'ebit 2015 dell'intero gruppo pari a 231,4 milioni e ai 26,8 milioni registrati sul fronte italiano. I target sono stati approvati da Mediaset ieri sera, a mercato chiuso in seguito all'approvazione da parte del cda del Biscione. Il titolo in Borsa ha chiuso sulla parità a 4,18 euro (-0,4%).

L'attenzione degli investitori è tuttavia concentrata sulla partita a scacchi che, dalla scorsa estate, il Biscione sta giocando con Vivendi dopo il dietrofront dei francesi sull'acquisizione di Premium, seguito, a dicembre, dalla scalata ostile della società di Vincent Bollorè a Mediaset. Oggi Fininvest e Vivendi si fronteggiano nell'azionariato del Biscione, ciascuno a un passo dalla soglia di Opa: la cassaforte della famiglia Berlusconi ha in mano il 38,2% del capitale, mentre Vivendi il 28,8 per cento. La speculazione sull'M&A resterà il principale catalizzatore dell'azione", ha sostenuto in merito Kepler Cheuvreux che sul titolo ha una raccomandazione a hold con un target a 4,1 euro. Ma simili orizzonti sembrano sempre più lontani. Ieri mattina si era diffusa l'indiscrezione che l'Agcom era pronta a sostenere che un'eventuale offerta sul Biscione da parte di Vivendi sarebbe stata nulla, sulla base della Legge Gasparri. L'Authority in realtà ha poi ribadito che l'istruttoria, aperta lo scorso 21 dicembre, è tutt'oggi in corso e che sono previsti 120 giorni, prorogabili di altri 60, per giungere all'esito. Insomma, c'è tempo fino a giugno.

L'indagine si riferisce ai limiti normativi che vietano alle società di telecomunicazioni che detengono una quota superiore al 40% del mercato, di acquisire ricavi superiori al 10% del Sic (Sistema integrato delle comunicazioni). Il tema è di stretta attualità posto che Vivendi è azionista di riferimento di Telecom Italia con il 24,7% del capitale. La stessa Agcom, ha ricordato, pochi giorni fa, che Telecom Italia ha una quota di mercato pari al 44,7% e Mediaset raggiunge il 13,3% del Sic. In pratica, almeno sui dati 2015, una concentrazione tra i due gruppi sarebbe vietata per legge. Per questo si vocifera che Bollorè intenda cedere la quota detenuta in Telecom Italia a Orange, numero uno nella telefonia francese. Proprio per contrastare un simile percorso, si era ipotizzato l'intervento in Telecom della Cassa Depositi & Prestiti.

Nel frattempo Giuseppe Recchi, presidente di Telecom Italia, ha dichiarato, i capitali non hanno passaporto, precisando tuttavia di essere solo uno spettatore nella partita su Mediaset.

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