I lapilli di Pompeo

Il «Monte di Stato» ha fatto flop

Per chi lo avesse dimenticato o si fosse distratto per seguire la ben poco edificante vicenda Alitalia, lo Stato italiano ha operato un investimento di 5,4 miliardi in Mps per tentare di salvare un istituto di credito altamente «deteriorato». Una quota di controllo di quasi il 70% del capitale. Si tratta di una nazionalizzazione vera e propria. Passata, come al solito, sopra la testa dei contribuenti italiani. Questa mossa ha determinato una ritrovata fiducia da parte del mercato? Direi proprio di no, Il giudizio è impietoso.

Dal ritorno nel listino l'azione Mps ha perso il 25% nel confronto con la media del banche italiane. Dunque, la situazione rimane ampiamente sopra il livello di guardia, nonostante il gravoso (per tutti noi!) atto di generosità della mano pubblica. Pier Carlo Padoan, già ministro dell'Economia, negli ultimi mesi non ha mai perso l'occasione di affermare che con Mps «lo Stato ci guadagnerà». Gli analisti constatano che a pochi mesi dal versamento dei quasi 5 miliardi e mezzo, circa la sua metà è stata bruciata a Piazza Affari. Il mercato non capisce oppure rimangono ancora troppe le zone d'ombra dalle parti di Rocca Salimbeni? I conti sono in rosso e questo non può fare piacere ai comuni mortali.

E' lecito chiedersi: il salvataggio di Stato sta per davvero aprendo ad uno scenario positivo per la più antica banca italiana? Mps non produce utili, il conto economico è imbarazzante. Le sue faraoniche filiali, ora più che mai inutili, non vengono chiuse o perlomeno ridotte. Fosse un'azienda come tutte le altre sarebbe doveroso trarre le più drastiche conseguenze. Ma le banche non lo sono. Sono ritenute strategiche per alimentare l'economia reale. Ma rispondono poco e male alla storica vocazione. Cambino registro. Attuino finalmente una riforma di sistema di concerto con l'Europa. Dovrà essere un importante impegno del nuovo governo. Altrimenti lo sportello continuerà a piangere. Per noi!

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