Economia

Mps e la Sinistra pessima banchiera

Il dramma di Mps combina la dura crisi della banca a un’indagine sull’acquisizione dell’Antonveneta del 2008 con un establishment cittadino che si sfalda

Mps e la Sinistra pessima banchiera

Il dramma del Monte dei Paschi di Siena combina la dura crisi della banca a un’indagine sull’acquisizione dell’Antonveneta del 2008 con un establishment cittadino - di cui la magistratura è parte integrante - che si sfalda. Sulla vicenda si sono lette inchieste acute che perdevano di vista però «un particolare» fondamentale e insieme cortine fumogene coscienti del «particolare», e perciò attente a nasconderlo.
Da molte parti si continua a parlare di un sistema di potere dalemiano intorno al Monte. In realtà Massimo D’Alema non manca di reti di potere, ma la sua storia nella città del Palio si chiude quando il suo pupillo, Roberto De Santis, dopo avere rifilato la Banca del Salento ai senesi (un vero impiccio seppur non paragonabile ad Antonveneta) nel 1999, se ne va e decolla Giuseppe Mussari: nel 2001 diventa presidente della Fondazione Mps - socio controllore del Monte - e poi presidente della banca riuscendo anche a piazzare l’affarone di acquisire l’Antoveneta per 9 miliardi di euro, quando poco prima il «venditore» Santander l’aveva stimata 6,4.
A questo passaggio di mano nel Monte corrisponde un cambio di influenze, il potere senese si copre con Walter Veltroni (il che porterà anche un’alleanza con Enrico Letta - poi avversario di Mussari - assai ascoltato nel senese e che piazzerà, a presidente della Fondazione, Gabriello Mancini) ed è in rete con il potere «regionale» da sempre antidalemiano.
Mussari, poi, eletto nel 2010 presidente dell’Abi in stretto legame con Giovanni Bazoli, sarà decisivo nello spostare anche Confindustria contro Silvio Berlusconi. Intanto Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, è divenuto (innanzitutto in funzione di contenimento degli «emiliani») il principale interlocutore del duo De Benedetti-Prodi, scatenati nella lotta per il Quirinale.
Questa evoluzione politica di Siena si legge bene anche nelle recenti nomine in Monte dei Paschi, con l’entrata di Turiddu Campaini nel consiglio di amministrazione. L’uomo dell’Unicoop di Firenze viene messo sul conto della dalemiana Lega delle Cooperative. Ma in realtà il settantenne cooperatore è un avversario dei dalemiani: basta ricorda l’affaire Unipol-Bnl quando, contro l’allora potentissimo amministratore di Unipol, Giovanni Consorte, l’Unicoop fu una delle poche imprese della Lega all’opposizione.
Questo contesto spiega articoli come quello di Alberto Statera che ricorda le colpe dei dalemiani, il ruolo storico della massoneria, la complicità dei cattolici, in particolare dell’Opus Dei, se la prende con Denis Verdini che ha presentato un candidato debole per far vincere il sindaco Pd di Siena, ma non accenna all’attuale assetto di potere prodian-debenedettian-democraticotoscano con cui si vuole controbilanciare Pierluigi Bersani per poter guidare tutta la sinistra.
La crisi del Monte dei Paschi sarà pagata cara da una sinistra pessima banchiera, ma gli omini debenedettiani cercheranno di tenere in piedi una base d’influenza per loro rilevante.

Per farlo devono evitare che sia raccontata.

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