Economia

Mps paga per la rigidità di Bruxelles

Ieri nuovo calo a Piazza Affari (-1,8%). La Ue resta inflessibile sui bond subordinati

Gian Maria De Francesco

Mps ieri a Piazza Affari ha vissuto un'altra seduta negativa. Dopo un'apertura che l'ha vista andare subito in asta di volatilità a -3,9%, non è riuscita a seguire l'intonazione sostanzialmente positiva del resto del comparto bancario e ha chiuso in calo dell'1,82% a 0,33 euro.

Un fenomeno singolare se si considera che Unicredit, attualmente sotto esame da parte degli operatori che si attendono ulteriori misure di rafforzamento patrimoniale dal nuovo ad Mustier, ieri ha guadagnato l'1,83% nonostante la presenza, tramite Yapi Kredi, in un mercato molto difficile come quello turco post tentato golpe. Idem per il Banco (+1,52%). Cosa differenzia, quindi, l'istituto senese? Il fatto che a oggi, nonostante gli annunci ottimistici giunti la scorsa settimana da Bruxelles, la vicenda del possibile intervento dello Stato sia nella soluzione del dossier sofferenze che in un eventuale e probabile nuovo aumento di capitale non abbia ancora trovato una linea comune. Perplessità evidenziate venerdì scorso pure da Moody's che ha lanciato l'allarme tagliando da «Caa3» a «Ca» il rating sul debito subordinato e da «Caa2» a «Ca» la valutazione standalone. «La banca molto probabilmente avrà bisogno di supporto esterno per centrare i requisiti minimi patrimoniali dello stress test», spiegava ieri un addetto ai lavori interpretando così il giudizio di Moody's.

Insomma, la Borsa si aspetta il peggio, soprattutto pensa che le obbligazioni subordinate saranno soggette al bail in con buona pace dei desiderata del premier Matteo Renzi che vorrebbe salvaguardare anche gli investitori istituzionali. Gli operatori, infatti, sanno che il governo italiano non è riuscito in circa una settimana a mettere nero su bianco il proprio progetto ottenendo l'ok della Commissione Ue. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, sta seguendo personalmente il dossier confrontandosi con il commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager, ma gli esiti sono stati finora infruttuosi. Il via libera a una «ricapitalizzazione precauzionale» con l'intervento dello Stato è comunque una derivata dell'applicazione delle nuove regole del bail in che impongono una penalizzazione con l'azzeramento di azioni (il nuovo aumento sarebbe comunque molto diluitivo visto che il Monte capitalizza poco meno di 980 milioni) e di obbligazioni subordinate.

Lo Stato potrebbe dunque farsi carico in tutto o in parte (o solo tramite una garanzia; opzione preferita viste le scarse disponibilità di bilancio) dell'operazione, ma senza scongiurare l'impatto negativo sulla reputazione del sistema finanziario italiano. Ammesso, infatti, che vadano in porto gli interventi studiati da JpMorgan (una sorta di bad bank privato-pubblica pronta ad acquistare 50 miliardi di Npl da cartolarizzare) o che si riesca a mettere in piedi un Fondo Atlante-bis per comperare almeno 27 miliardi di sofferenze Mps a un valore non troppo distante dal 35% del nominale, a Rocca Salimbeni servirebbero sempre tra i 3 e i 4 miliardi di capitale per riportare il Cet1 sui livelli di sicurezza (10,2%).

E il 29 luglio si sta pericolosamente avvicinando.

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