Economia

Mps si ribella alla mazzata di Moody's

La scure di Moody's si è abbattuta su Siena: l'agenzia di rating ha tagliato il rating su Mps di due gradini a Ba2 da Baa3, decretando la discesa dell'istituto al livello di «spazzatura».
«La decisione è sbagliata sia nella tempistica sia nella motivazione», ha replicato l'ad Fabrizio Viola di fronte allo schiaffo ricevuto in un momento particolarmente delicato per la banca, stretta tra le richieste di ricapitalizzazione dell'Eba (l'autorità bancaria europea), un nuovo piano industriale, un altro aumento di capitale e i malumori di una città che teme di perdere la presa su un pezzo importante della propria economia.
Nonostante gli 1,5 miliardi di euro di capitale dei Monti bond (che serviranno per soddisfare le richieste dell'Eba, mentre gli altri 1,9 miliardi dei 3,4 erogati rimborseranno i vecchi Tremonti bond), Moody's ritiene che ci siano concrete probabilità che l'istituto abbia bisogno di un ulteriore aiuto esterno: la qualità degli asset di Mps, critica l'agenzia, è debole e continuerà a peggiorare considerate le flebili prospettive di crescita dell'Italia per il 2012 e per il 2013. La revisione del rating al rialzo dipenderebbe invece dall'esecuzione con successo del piano e da una «significativa iniezione di capitale da parte degli azionisti».
Per Viola, che per la prima volta commenta la decisione su un rating e che incassa l'approvazione del presidente della Fondazione Mps Gabriello Mancini, l'agenzia è intervenuta «o troppo tardi o troppo presto»: Moody's contesta la mancata capacità di redditività per poter generare capitale, ma, precisa Viola, «è per questo che abbiamo presentato il nuovo piano e non si spiega perché tagliare il rating ora» a 3 mesi di distanza dal suo varo. L'ad ha ricordato che Mps è riuscita sempre a emettere obbligazioni, che la raccolta diretta è in miglioramento e che ci sono segnali incoraggianti dal «flusso delle sofferenze». E ancora: sul fronte del patrimonio sottolinea che il significativo miglioramento dello spread sta già portando benefici sul capitale e che l'assemblea ha appena preso la decisione storica di lanciare un aumento con esclusione del diritto di opzione che avrà la «conseguenza di modificare gli assetti attuali», a partire dal ruolo della Fondazione. Contando poi il supporto del governo, la banca ha «un profilo patrimoniale adeguato».
Il mercato però pare aver dato più retta al giudizio di Moody's che alle rassicurazioni di Viola. In Borsa il titolo ha perso il 6,36% ed è passato di mano il 2,9% del capitale. Se il percorso è tracciato, non mancano gli ostacoli. A partire dal via libera della Ue, non del tutto scontato, sulla compatibilità dei Monti bond con le normative europee sugli aiuti di stato. C'è poi la necessità di trovare nuovi soci, possibilmente non industriali, da far entrare con l' aumento di capitale per 1 miliardo che la Fondazione Mps, che controlla Mps, vorrebbe evitare ma che il neo presidente Alessandro Profumo giudica necessario (la banca ha smentito di aver sondato la disponibilità di Ubs o di altri soggetti). La preoccupazione di piccoli azionisti, dipendenti e senesi è che la Fondazione e quindi il territorio perda il controllo del Monte. Tanto più che, ha parlato chiaro Profumo, l'attuale limite al 4% sui diritti di voto (che vale per tutti gli azionisti tranne che per la Fondazione) andrebbe abolito se scoraggiasse i potenziali nuovi soci. Infine, c'è un piano da implementare che prevede la chiusura di 400 filiali e tagli di personale fino a 4.600 posti e che ha messo sul piede di guerra una parte dei cittadini senesi e i sindacati che hanno aperto una dura vertenza con i vertici della banca.

Ultima ma non meno importante l'inchiesta della Procura di Siena sull'acquisto di Antonveneta che ha messo in discussione i precedenti vertici di Rocca Salimbeni.

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