Economia

Nel gioco dei poteri Intesa pigliatutto

Alla banca di Messina e (Bazoli) il primato nella finanza e nel dialogo con la politica

Camilla Conti

La partita sul Corriere della Sera ha visto stravincere il team dell'attaccante Urbano Cairo sostenuto da Intesa Sanpaolo.

Ma la calda estate della finanza italiana non è ancora finita. Perché le trattative lungo l'asse Roma-Bruxelles per un paracadute pubblico da aprire in caso di emergenza sulle sofferenze bancarie sono in corso. Il 29 luglio si conosceranno i risultati degli stress test europei sulle big del credito, compresa la sorvegliata speciale Mps. Che proprio il 29 riunirà il cda sulla semestrale e probabilmente anche sul piano di smaltimento di crediti deteriorati: circa 27 miliardi da trasferire sulle spalle del fondo Atlante rispettando così le richieste definitive della Bce che arriveranno nei prossimi giorni da Francoforte.

Al ritorno dalle vacanze il panorama finanziario nazionale potrebbe essere dunque radicalmente cambiato. A muoversi sulla scacchiere saranno i soggetti che si sono fatti valere nelle ultime sfide, a cominciare da quella per il controllo di Rcs che ha misurato sul campo la forza di un'Intesa «pigliatutto», diventata nel frattempo interlocutore di riferimento del governo il cui futuro è appeso non solo al referendum di novembre ma anche alla messa in sicurezza del sistema bancario. Se si salvano le banche, si salvano anche i risparmiatori-elettori.

La squadra di Intesa è assai rodata: l'ad Carlo Messina, l'alfiere Gaetano Miccichè a capo di Imi, e dietro le quinte il presidente emerito Giovanni Bazoli e il patron di Cariplo, Giuseppe Guzzetti. Ovvero gli stessi registi di Atlante, prima pompiere delle crisi delle banche popolari venete e ora compratore di crediti deteriorati. Dalla guerra sul Corriere è invece uscita indebolita Mediobanca, che dai tempi di Enrico Cuccia si è sempre trovata dall'altra parte della barricata rispetto ai padri spirituali di Intesa tanto che non ha neppure messo un obolo nel fondo Atlante. Dopo la sconfitta della cordata Imh, l'istituto milanese dovrà lavorare a un suo riposizionamento. E non solo in Rcs, che ha sempre rappresentato una sorta di linea del Piave insieme con le Generali. L'ad Alberto Nagel si dovrà confrontare con il suo socio forte - il capo di Vivendi, Vincent Bollorè - che è anche azionista di Telecom e ha già mal digerito la sconfitta incassata da Enel sul campo della banda larga. Senza dimenticare che nel capitale di Piazzetta Cuccia siede Mediolanum, il cui patron Ennio Doris avrebbe consegnato i titoli Rcs delle sue gestioni a Cairo. Inoltre, sul mercato aumenta il pressing di concorrenti sempre più agguerriti come Equita, advisor dell'opas di Cairo insieme a Imi, che sotto la guida dell'ad Francesco Perilli sta anche rafforzando l'investment banking. Sarà anche per questo che nelle sale operative tornano a girare le voci - in realtà mai sopite - su un possibile matrimonio fra Mediobanca e Unicredit. Ma in piazza Gae Aulenti il cantiere del nuovo ad Jean Pierre Mustier è stato appena aperto. Un aumento di capitale è inevitabile, come ha ammesso il presidente Giuseppe Vita. E non da poco: dai 4 agli 8 miliardi, stimano gli analisti. Le cessioni delle quote di Fineco e Pekao hanno fatto guadagnare un miliardo in due giorni, ma le nozze fra la controllata Pioneer e il Santander sono in bilico e ora è pure scoppiata la grana turca. Il fallito tentativo di golpe e il rafforzamento di Erdogan alimentano i dubbi sull'indipendenza della Banca Centrale, come ha scritto nella sua nota domenicale Erik Nielsen, capo economista di Unicredit. E fra i «gioielli» da vendere per rafforzare i coefficienti patrimoniali, l'istituto milanese ha messo anche la controllata turca Yapi Kredi contando di aggiungere 90 punti base al Cet1.

Sarà difficile cederla adesso.

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