Economia

Nexi "dribbla" il Pil e centra la Borsa

Coperta l'offerta a tre giorni dal termine. Atteso un collocamento da 7,6 miliardi

Nexi "dribbla" il Pil e centra la Borsa

Nexi si avvia al debutto in Borsa, il 16 aprile, con una valutazione di 7,6 miliardi di euro, a metà della forchetta inizialmente indicata per la quotazione compresa tra 8,5 e 10,35 euro, ovvero tra 7,1 e 8,1 miliardi (o, al netto del debito, con una capitalizzazione compresa tra 5,4 e i 6,4 miliardi). Una simile valutazione pone l'ex società della CartaSì al primo posto tra le Ipo europee dell'anno e tra i maggiori debutti nel mondo.

A tre giorni dalla scadenza della raccolta degli ordini, partita lo scorso 29 marzo, Nexi avrebbe già registrato il tutto esaurito da parte degli investitori istituzionali a cui l'offerta è destinata (gli investitori privati potranno acquistare i titoli una volta quotati in Borsa).

La domanda, secondo indiscrezioni di mercato, sarebbe stata finora tre volte superiore all'offerta e si sarebbe concentrata nella parte medio-alta della forchetta (ovvero a 9,4-9,5 euro per azione), tanto che si pensa che la società d'ora in avanti decida di restringere verso l'alto gli ordini ricevibili. Anche per questo fonti vicino al dossier sono piuttosto scettiche sull'ipotesi di una chiusura anticipata della raccolta degli ordini, come invece era stato ipotizzato qualche giorno fa: da qui all'11 aprile l'arrivo di ulteriori ordini potrebbe spingere oltre gli 8 miliardi la valutazione del gruppo guidato da Paolo Bertoluzzo. Non solo. La valutazione di Nexi è tutt'altro che economica e si avvicina alle 40 volte gli utili, quindi nella parte alta della forchetta (rispetto a una media di settore pari al 25 volte gli utili). Nexi ha chiuso il 2018 con un giro d'affari di 931 milioni e un margine operativo lordo di 424 milioni, esclusi i componenti non ricorrenti. La società prevede di crescere fino al 2023 a un tasso annuo del 5-7% per i ricavi e del 13-16% sull'ebitda.

La quotazione avverrà sia con l'emissione di nuovi titoli (per un controvalore massimo da 700 milioni destinati a ridurre i debiti del gruppo a 1,7 miliardi) sia con la vendita di titoli esistenti. Ad allentare la presa sul capitale saranno sia Mercury Uk Holding, cui fanno riferimento i fondi Advent, Bain e Clessidra (i tre grandi azionisti) sia i soci di minoranza. I tre fondi, entrati nel 2015, scenderanno dal 94,2% al 56,5% del capitale, mentre Banco Bpm, Popolare Sondrio, Creval, Banca di Cividale e Iccrea, manterranno quote marginali. Il flottante, comprensivo di greenshoe, sarà infine pari al 43,2% del capitale.

Il successo tra i fondi di Nexi potrebbe sorprendere considerando i numerosi punti interrogativi sul rischio politico ed economico del nostro Paese, dove il gruppo genera la gran parte del business. La società guidata da Bertoluzzo opera infatti con 150 banche che raggruppano l'80% degli sportelli italiani e gestisce oltre 41 milioni di carte di credito. Malgrado la ridotta diversificazione geografica, gli esperti evidenziano come Nexi sia nella migliore posizione possibile per trarre i maggiori benefici dall'espansione del mercato italiano nei pagamenti digitali che, al momento, è sottosviluppato.

Secondo l'Osservatorio del Politecnico di Milano, i pagamenti innovativi in Italia dovrebbe infatti toccare i 123 miliardi entro il 2023 dagli attuali 80 miliardi.

Commenti