Economia

Il nord-est alla ricerca della sua banca

Con la crisi di Pop Vicenza e Veneto Banca imprenditori al bivio. Zaia spinge per il nocciolo duro. Il peso di Verona

Il governatore veneto Luca Zaia continua a invocare la crociata degli imprenditori del nord est per fare sposare la Popolare di Vicenza e la trevigiana Veneto Banca, disinnescando così il concreto rischio che, una volta ricapitalizzate e quotate in Borsa, esse siano sfilate dalle mani del territorio. Si tratta dell'ultimo arrocco per cercare di preservare almeno una parte del sistema Veneto dalle conseguenze dello scandalo giudiziario scoppiato a Vicenza e più in generale dell'ordine impartito dal governo Renzi a tutte le popolari di trasformarsi in spa. Uno scandalo che in fin dei conti ha messo a nudo come il ricco e operoso nord est non fosse affatto più virtuoso di regioni e zono del Paese ben più deboli e assai più economicamente malfamate.

Anche se ora il neo ad della Pop Vicenza Francesco Iorio ha di fatto messo in vendita tutti gli asset non strategici, il presidente Gianni Zonin aveva plasmato l'istituto come «banca di sistema», con importanti ramificazioni verso la Verona del sindaco Flavio Tosi, la città più «centrale» della regione e sede dell'influente Fondazione Cariverona guidata da Paolo Biasi; a partire dal legame con VeronaFiere (6,5%) e da quello industriale con Cattolica Assicurazoni, di cui Vicenza possiede il 15% al servizio di un accordo di bancassurance (proprio venerdì ha rinnovato il lock up su una parte della quota fino al 2018). Cattolica, oltre a essere l'unica partecipazione cui Iorio non vuole rinunciare, sarà anche il solo gruppo finanziario quotato a essere ancora retto dal voto capitario. Una eccezione che, dicono a Roma, potrebbe essere affrontata dal governo qualora la Cattolica dovesse prendere un ruolo di peso nel riassetto delle popolari. Eventualità che peraltro a Verona è sempre stata ufficialmente esclusa. Sulla compagnia delle polizze, già presente nel libro soci sia di Vicenza, sia di Montebelluna, è poi in manovra lo stesso Biasi. Cariverona ha deciso di comperare un altro 1% di Cattolica, mentre dovrebbe fare cassa su Unicredit per aumentare di peso nel Banco Popolare, il vero pezzo pregiato del credito del nord est ma già in odore di sposarsi con la bresciana Ubi.

Qualcosa, nel cantiere Zaia, si potrebbe muovere a breve e si parla del possibile coinvolgimento di Veneto Sviluppo. Di certo Veneto Banca ha già un piccolo nocciolo duro nell'associazione guidata dall'industriale Diego Carraro, accreditata dell'8%, e in cui militano anche il re del prosciutto Luca Ferrarini e la ProGest di Bruno Zago. E a Vicenza sono stretti i rapporti con la confindustria locale che schiera il presidente Giuseppe Zigliotto nel cda della banca.

Sul piano del governatore del Veneto pende però una grande (e pericolosa) incognita: le cause legali in preparazione sia a Vicenza sia a Montebelluna da parte dei soci che si sono visti tagliare di quasi un quarto il valore delle azioni. Senza contare che, malgrado la sforbiciate, entrambe si autovalutano ancora a multipli impensabili in Piazza Affari per popolari quotate.

Vedremo che cosa succederà dopo la quotazione. Vicenza ha già deciso un aumento di 1,5 miliardi, Veneto Banca di un miliardo, ma deve riuscire a far ripartire la vendita di Bim dopo lo stop della Bce ai primi acquirenti.

Forse anche per questo pochi giorni fa alla riunione degli industriali di Vicenza un uomo come Renzo Rosso, che vende i jeans della sua Diesel in tutto il mondo, ha detto chiaro che le banche «devono essere globali». Insomma l'ideale, per lo sviluppo del business, sarebbe individuare un alleato internazionale, inutile tenersi delle banchette locali.

Se sovrapponessimo la forza industriale della provincia vicentina (2.147 imprese associate alla confindustria locale per 86mila addetti) al cortocircuito scoppiato nella città del Palladio sui prestiti privilegiati a un migliaio di soci in cambio della sottoscrizione dei vecchi aumenti di capitale, è difficile dare torto a Rosso. La Procura, dopo aver iscritto nel registro degli indagati sia il presidente Gianni Zonin, sia l'ex ad Samuele Sorato, sia lo stesso Zigliotto, avrebbe chiesto alla Guardia di finanza di analizzare la posizione dei singoli beneficiari dei finanziamenti.

È tuttavia pur vero, come dimostra la storia della padovana Antonveneta, che diventare spa senza un blocco di soci stabili e affezionati, significa farsi mangiare e, forse, sparire.

È il numero delle imprese associate alla Confindustria nella sola provincia di Vicenza

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