Economia

Odissea in banca: tre mesi per chiudere un conto

Alla fine ce l'ha fatta. E come Ulisse è riuscito a compiere l'impresa. Il problema è che il nostro «eroe» del quotidiano non ha fatto nulla di epico, se non chiudere un conto corrente in un tempo biblico. Quasi tre mesi per compiere un'operazione, che in sé richiede pochi minuti per essere eseguita, non sono uno scherzo.
Ma andiamo con ordine. La storia del nostro «Ulisse» (che si chiama Nicola V.) inizia lo scorso 9 agosto quando si reca in una filiale della Banca Popolare di Intra del gruppo Veneto Banca per avviare la pratica di chiusura del proprio conto corrente. Sembra facile come fare quattro passi, come bere un bicchier d'acqua, ma non è così. Il cliente, infatti, firma il modulo per la revoca della carta di credito e avvia la pratica per chiudere anche la propria posizione con la banca. Si dovrà anche avviare un'altra procedura: la chiusura del fido. Anche interrompere una linea di credito richiede dei passaggi burocratici.
Mancano pochi giorni a Ferragosto, Nicola V. non si preoccupa: è normale che le procedure in Italia non siano mai troppo sollecite e, quindi, sa già in anticipo che il periodo vacanziero comporterà un ritardo. La brutta sorpresa arriva al rientro delle vacanze: agli inizi di settembre il rapporto di conto corrente è ancora aperto. Anzi, l'istituto incomincia a preoccuparsi della provenienza degli ultimi versamenti effettuati dal cliente due mesi prima.
Nicola V. non demorde e si reca più volte in banca e, come un piccolo signor K., inizia a dimostrare kafkianamente che è tutto in regola e che vuole semplicemente estinguere il proprio conto.
«È tutto a posto, è tutto pronto, tra una settimana la chiamiamo per l'ultima firma», si sente ripetere allo sportello il malcapitato. Ma solo alla fine di settembre può vedere messa nero su bianco la propria volontà. Solo in quella data, infatti, viene registrata e avviata la pratica per l'estinzione del conto.
Finito? Neanche per sogno. Ci vorrà ancora un mese per ottenere il definitivo verdetto: il 25 ottobre scorso, infatti, il dossier è stato chiuso e quindi l'odissea è terminata. Ma in quei ventisette giorni il signor Nicola V. ha, nell'ordine: scritto una lettera alla direzione generale di Veneto Banca (capogruppo della Banca Popolare di Intra), una lettera alla direzione generale dell'Abi per segnalare il proprio caso e, infine, ha litigato con il direttore della propria filiale minacciando di adire le vie legali. Che cosa è successo in circa tre mesi al conto del signor Nicola V.? Ha pagato per intero le spese di tenuta del conto per il trimestre terminato il 30 settembre (14,2 euro) e, inoltre, anche per la banca sono maturati pochi euro di interessi. Moltiplicando la vicenda per le migliaia di Nicola V. che in Italia, ogni giorno, intendono chiudere un conto, le cifre diventano interessanti. Basti pensare che i rapporti che fanno capo alle famiglie sono oltre 30 milioni (Internet banking incluso). Secondo alcune voci di corridoio, si tratterebbe di un escamotage finalizzato a ritardare (e possibilmente ostacolare) la chiusura dei conti correnti che rappresentano comunque un veicolo di liquidità per gli istituti in un periodo di «secca» come quello attuale.
Non a caso la Banca d'Italia ha verificato in una recente indagine che i tempi medi per la chiusura di un conto corrente si attestano attorno a 35 giorni con punte di 110 giorni. Il risultato è che il consumatore deve sostenere le spese relative all'apertura in contemporanea di due conti correnti, anche se uno di questi è praticamente inutilizzato. Bankitalia ha sottolineato come il tempo ideale per non arrecare disservizi al cliente e favorire la concorrenza è di soli sette giorni.
Insomma, Nicola V.

può considerarsi fortunato: poteva andargli peggio.

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