Economia

Padoan: "Bce a Weidmann? La nomina non è scontata"

Il ministro mette i falchi sull'avviso: «È necessario continuare la politica con cui è stato salvato l'euro»

Padoan: "Bce a Weidmann? La nomina non è scontata"

«No, non è scontato». Pier Carlo Padoan nega che si sia innescato un automatismo destinato a portare il tedesco Jens Weidmann sullo scranno di presidente della Bce. Anche se al pas d'adieu di Mario Draghi mancano ancora 17 mesi, la questione è già oggetto di dibattito. Soprattutto dopo la recente designazione a numero due dell'Eurotower del ministro spagnolo dell'Economia, Luis de Guindos. Non pochi osservatori sono convinti che l'arrivo di un uomo del Club Med ai vertici della banca centrale sarà controbilanciato con l'assegnazione del ruolo di comando a un falco a tutto tondo come il capo della Bundesbank. Padoan è di altro avviso: «C'è un presidente italiano e alla vice presidenza c'è stato un portoghese, è andata avanti così per anni e nessuno ha detto nulla». Per la verità, sono stati tutti zitti finchè SuperMario, con l'implementazione del piano di acquisto titoli, ha fatto brillare dalle fondamenta l'idea - falsa - di essere l'impersonificazione dei desiderata di Berlino. «Dovremmo essere sempre grati a Mario Draghi perchè con le sue decisioni, prese con grande coraggio politico, è stata salvata la moneta unica», ha detto Padoan. Weidmann non la pensa così. Un po' come quegli attori shakespeariani che non escono mai dalla parte neppure quando vanno alla toilette, non ha mai smesso di recitare il ruolo dell'oppositore dentro e fuori i perimetri del board Bce, a partire dall'annuncio del «whatever we takes».

Ora, quando Draghi si farà da parte (ottobre 2019), il quantitative easing dovrebbe essere già stato archiviato da un pezzo. E i tassi forse già risaliti dall'attuale zero per cento a un quarto di punto. Qualcuno però teme che, una volta insediatosi alla presidenza, Herr Buba si lasci prendere un po' troppo la mano cedendo alla tentazione di alzare in fretta e furia il costo del denaro. Magari anche per risolvere il problema dei margini risicati lamentato dalle banche tedesche. Per l'Italia sarebbe un problema: il debito, già ai limiti della sostenibilità, potrebbe esplodere se l'inflazione non riuscisse ad annacquare l'effetto-tassi. Non a caso, il nostro ministro dell'Economia ricorda che l'Italia «gradirebbe la continuazione della politica che si è rivelata essenziale per salvare la moneta unica».

Il punto sta proprio qui. Perchè la rotta monetaria della Bce potrebbe essere condizionata non solo dall'esito elettorale in Italia, quantomeno incerto e con rischi di ingovernabilità, ma da quanto sta accadendo proprio in Germania. Dove, per la prima volta, il partito di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) ha superato i socialdemocratici in un sondaggio. È una spia rossa che sembra indicare ad Angela Merkel che i tedeschi mal tollerano un governo di coalizione con l'Spd. I quali hanno avviato ieri le consultazioni con i circa 464mila militanti del partito per capire se sono d'accordo sull'intesa raggiunta con i conservatori. Un'affermazione dei «no» sarebbe sinonimo di instabilità. La Merkel potrebbe provare a formare un governo di minoranza, oppure andare a nuove elezioni.

Col rischio di rafforzare i nazionalisti e dare quindi la prima picconata all'architettura dell'eurozona.

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