Economia

Più tasse, meno lavoro: l'austerity impedisce la ripresa dell'Eurozona

Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro, il rigore fa salire il tasso di disoccupazione e pure il debito

Più tasse, meno lavoro: l'austerity impedisce la ripresa dell'Eurozona

Le tasse e l'austerity per rimettere in sesto i conti pubblici fanno male all'Europa, portando a un aumento della disoccupazione e persino alla crescita dello stesso debito che dovrebbero contenere.

Lo dice il rapporto Ilo sull'occupazione mondiale nel 2013, che stigmatizza le conseguenze negative delle politiche di rigore sulla crescita di molti Paesi dell'Ue. "Nei paesi in crisi nella periferia dell’Eurozona (i cosiddetti ’Piigs’: Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) le misure di consolidamento fiscale hanno avuto effetti negativi diretti sui consumi privati", scrivono dall'Organizzazione internazionale del lavoro, "Di conseguenza, la crescita è calata più del debito, aumentando ulteriormente il peso del debito in relazione al Pil". È andata diversamente in altre parti del mondo, come in Giappone, dove invece è stata seguita una politica fiscale espansiva in contrasto alla crisi e il rapporto debito/Pil non è cresciuto a ritmi più veloci che in passato. Secondo l’Ilo, un riequilibrio delle politiche macroeconomiche e un aumento dei redditi da lavoro migliorerebbero in modo significativo le prospettive del mercato del lavoro, creando 6,1 milioni di posti di lavoro in più nei paesi del G20 entro il 2020, riducendo il tasso di disoccupazione di 1,8 punti percentuali e rendendo più semplice anche il raggiungimento degli obiettivi fiscali.

Secondo l'organizzazione nel 2013 il numero di disoccupati nel mondo è salito di altri 5 milioni, sfiorando quota 202 milioni. Ad essere colpiti sono soprattutto i giovani, con 74,5 milioni di senza lavoro di età compresa tra i 15 e i 24 anni in tutto il mondo (un milione in più rispetto al 2012). Il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il 13,1% a livello globale (quasi il triplo rispetto agli adulti) mentre continuano ad aumentare i cosiddetti "Neet" (i giovani che non lavorano, non studiano e non sono impegnati in un’attività di formazione), che in alcuni paesi contano per quasi un quarto della popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni.

In Italia il tasso di disoccupazione è stimato al 12,2% nel 2013, in deciso rialzo rispetto al 10,7% del 2012 e il doppio del 6,1% del 2007. Secondo l’organizzazione, il tasso di disoccupazione in Italia è destinato a salire ancora nei prossimi anni, attestandosi al 12,6% nel 2014 per poi arrivare al 12,7% nel 2015 e nel 2016. Nel Belpaese preoccupano soprattutto i "giovani adulti" (quelli tra i 25 e i 34 anni) che hanno subito l’effetto della crisi ancora più dei giovani sotto i 25 anni.

Negli anni della crisi (dal 2007 al 2012), invece, la parte della popolazione compresa tra i 55 e i 64 anni ha invece addirittura beneficiato di un aumento dei tassi di occupazione.

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