Economia

Piazza Affari «grazia» Mps Il Tesoro cerca una soluzione

Piazza Affari «grazia» Mps Il Tesoro cerca una soluzione

Sorpresa a Piazza Affari. Il Monte dei Paschi, dopo il rinvio dell'aumento di capitale da 3 miliardi, ha chiuso la seduta in rialzo dell'1,39% a 0,1754 euro. Dopo un avvio delle contrattazioni ritardato di oltre 20 minuti dalla difficoltà di fare prezzo per eccesso di ribasso, il titolo ha aperto con una flessione del 5,2% a 0,164 euro, recuperando nel resto della seduta. Gli scambi sono stati elevati con quasi 369 milioni di azioni passate di mano, pari a oltre il 3,1% del capitale. La Consob seguirà l'andamento delle azioni.
Le ricoperture sulle vendite allo scoperto effettuate la scorsa settimana hanno prevalso sui timori legati alla difficile esecuzione di una ricapitalizzazione superiore al valore di Borsa della banca (ieri salito leggermente a 2,05 miliardi). Ma se le paure del mercato hanno trovato una compensazione nell'ambito delle ore di contrattazione, le incertezze del mondo economico e politico italiano non potranno essere rimosse in un tempo analogamente contenuto.
Ne è la dimostrazione la dichiarazione rilasciata tramite un portavoce dal ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, domenica sera. Il titolare di Via XX settembre, da un lato ha ribadito che la nazionalizzazione della banca non è nei programmi del governo (anche se potrebbe essere imposta dall'Ue con la conversione dei Monti-bond qualora l'aumento non fosse effettuato entro quest'anno). Ma, dall'altro lato, Saccomanni ha genericamente auspicato l'esecuzione delle delibere assembleari, delineando la possibilità di una conciliazione tra le istanze della Fondazione Mps (che ha bocciato l'aumento in gennaio come orchestrato dal presidente Profumo e dall'amministratore delegato Viola) e quelle del management, senza accennare a una scadenza temporale.
È del tutto evidente, perciò, che il Tesoro ha voluto in qualche modo giustificare la propria posizione defilata (è il supervisore delle Fondazioni bancarie per legge) per non prestare il fianco agli attacchi della politica, temendo di rimanervi coinvolto. Soprattutto in un periodo in cui la poltrona di Saccomanni è tra quelle più ballerine in caso di un rimpasto ad alta densità «renziana». Così come è probabile che il ministro abbia voluto evitare di restare travolto dalle conseguenze di un «accordo di sistema» tra la Fondazione Mps e altri enti di origine bancaria catalogabili come «amici».
In realtà, l'elenco delle alternative non è molto ampio: o il Monte ricapitalizza o viene nazionalizzato (ipotesi che piace a parte del Pd e alla Fisac-Cgil). Ed è sul primo punto che stanno lavorando sia il cda (pronto a dare battaglia, dimissioni incluse) che la Fondazione e i suoi advisor. Innanzitutto è da escludere che Palazzo Sansedoni possa riscadenziare il debito da 340 milioni con le banche per recuperare liquidità e cercare di evitare una mega-diluizione. Dovrà solo cercare di vendere al meglio in parte o tutto il 33,5% nel maggior tempo disponibile e poi accettare di vedersi confinata a un ruolo da comprimario. Chi conosce Antonella Mansi sa che prima dell'assemblea era molto preoccupata dalle possibili azioni di responsabilità (oltreché dalle cause) che sarebbero potute scattare con l'escussione del pegno (automatica sotto 0,123 euro) in seguito all'offerta di nuova carta.
Tanto Bankitalia quanto il Tesoro cercheranno di convincere Profumo e Viola a non realizzare il proposito del «passo indietro».

Il loro nome è una garanzia visto che il mercato ha molta fiducia nei due manager.

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