Economia

Le Popolari prendono tempo sul risiko

Ottenuti alcuni cambi chirurgici al vertice come a Popolare Vicenza e a Veneto Banca, sul tavolo della Bce di Mario Draghi e del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, resta il problema maggiore: malgrado mesi di contatti e abboccamenti, ben poco si è mosso dell'auspicato riassetto del mondo del credito, imperniato sull'addio delle Popolari al voto capitario.

Scelti gli advisor, tutto pare rimandato a settembre: incassato l'ok del Parlamento, a metà giugno sono arrivate le disposizioni di Bankitalia. Ieri ha però dato un'altra spallata Matteo Renzi: «Caro Almerico, la questione bancaria è molto seria e non riguarda solo il Sud, anzi. Vuoi una previsione? Il risiko bancario continuerà ancora a lungo, perchè in Italia abbiamo troppi istituti di credito», ha risposto il premier a un lettore de L'Unita che lamentava la mancanza di banche disposte a finanziare lo sviluppo. Non è un mistero che la Vigilanza approvi la nascita di nuovi big, dopo il riassetto che nel 2006-2007 ha dato vita a Intesa Sanpaolo e Unicredit, da cui è in uscita Roberto Nicastro con la cancellazione della direzione generale. Sia Ca' de Sass con Carlo Messina (che ha ottenuto 2 miliardi di utili nel semestre) sia il gruppo guidato da Federico Ghizzoni (il cda è mercoledì), a cui il consensus degli analisti assegna 453 milioni di profitti nel secondo trimestre, hanno più volte chiarito di voler giocare nel «girone» del consolidamento europeo. Diverso il caso del Monte Paschi, il cui bilancio semestrale (atteso giovedì) equivale al biglietto da visita con cui Siena si rimette in cerca di un cavaliere bianco dopo il maxi-aumento di capitale. L'ultimo a negare un interesse per la Rocca è stato Bnp Paribas. Ma anche la soluzione nazionale con Ubi Banca ha perso peso dopo che il Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti, vista la difficoltà di procedere con Bpm, ha stretto i contatti con la cooperativa di Victor Massiah. Malgrado l'appoggio di CariVerona, anche tra Banco e Ubi (i due gruppi più avanti nella trasformazione in spa) non mancherebbero le distanze tra i rispettivi presidenti: a partire da ubicazione della sede ed equilibri di governance. Alla Bpm di Giuseppe Castagna guarda intanto la Carige di Piero Montani: particolare interesse sarebbe stato dimostrato da Vittorio Malacalza, primo socio con il 15%. Complica poi il quadro, l'incognità degli esami europei (Srep) che potrebbero tradursi in nuovi aumenti per alcuni gruppi. Il tempo stringe infine per l'autoriforma con cui le 400 Bcc si porrebbero sotto l'ombrello di una sola spa: con ogni probabilità Iccrea.

Nel Nord est c'è un progetto «centripeto» per un polo di 91 banche con un miliardo di patrimonio.

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