Economia

"Premio se l'azienda fa utili Così si possono alzare i salari"

L'imprenditore: bonus non più legato a produttività, ma ai margini. Un modello che piace a Confindustria e sindacati

"Premio se l'azienda fa utili Così si possono alzare i salari"

A Cabiate, l'ultimo comune comasco a sud, prima della provincia di Monza Brianza, c'è uno stabilimento il cui marchio è conosciuto da almeno tre generazioni di motociclisti e automobilisti, in Italia e all'estero: difficile non avere avuto a che fare, prima o poi, con un carburatore Dell'Orto, l'azienda che li produce dal 1933. Poi evoluti in «corpi farfallati», meccanici ed elettronici, fino ad arrivare alle centraline elettroniche». Dell'Orto è un'eccellenza industriale italiana nel mondo, sempre controllata dalla famiglia del fondatore, Gaetano Dell'Orto e oggi guidata dal presidente Giuseppe con i due figli Andrea (vicepresidente esecutivo) e Luca (amministratore delegato). Come tutti, anche loro hanno sentito la crisi: è arrivata come una tempesta alla fine del decennio scorso, causando un calo del fatturato fino al 40%, da cui sono seguite cassa integrazione, riduzione di personale e ridiscussione delle linee di credito bancarie. «Ma ne siamo usciti bene, impostando già con la crisi la crescita futura e concordando con i sindacati e le banche un piano che abbiamo poi rispettato», dice Andrea Dell'Orto. «Un'esperienza - aggiunge - che ci ha insegnato molto, in particolare dal lato della contrattazione sindacale». Tanto che oggi Dell'Orto rappresenta una possibile risposta al dilemma di un'economia che è tornata a crescere, ma senza inflazione, con poca occupazione e salari bassi.

Ingegner Dell'Orto, lei è anche vicepresidente di Assolombarda, al vertice del presidio di Monza Brianza. In Italia c'è un tema di salari troppo bassi?

«Il tema c'è ma è molto delicato. Chi oggi va a dire agli imprenditori usciti dalla crisi che devono aumentare i salari non viene accolto con entusiasmo. Il tema va posto in maniera diversa».

Come si può fare, per innescare un circolo virtuoso nel mercato del lavoro?

«Noi abbiamo puntato sul secondo livello di contrattazione e sulla premialità, legando il premio non solo alla classica produttività, ma anche all'andamento economico dell'azienda, espresso dal margine operativo lordo. Se l'azienda supera una determinata soglia di ebitda si prende il premio, se no niente».

E come funziona il premio?

«Quando scatta è legato ad alcuni parametri tipici come produttività e qualità, e aggiuntivi come l'assiduità. Per esempio: è tanto più alto quanti meno giorni si perdono per malattia o quante più ferie si smaltiscono. Si può prendere in contanti, oppure farselo convertire in forma di welfare aziendale».

Quanto è stato nel 2016?

«Da una base di 476 euro, netti, fino a un massimo di 676,5. Oppure sotto forma di servizi famiglia quali, per esempio, baby sitting, spese scolastiche, buoni benzina, buoni spesa».

Perché il margine è meglio della produttività?

«Perché la produttività è un concetto debole e superato: conta i numeri di pezzi nell'unità di tempo, senza calcolare per esempio la qualità, che quando è bassa può generare costi elevati; ed è diventato un obiettivo quasi scontato, con effetto motivazionale pari a zero. E poi con la crisi abbiamo scoperto che puoi essere molto produttivo e nonostante ciò perdere soldi».

Invece il premio legato ai margini funziona.

«Sì perché coinvolge tutti e dà più motivazione: la produttività impegna solo gli operai, mentre l'ebitda riguarda tutta la filiera dei dipendenti e le varie funzioni aziendali. Se l'azienda guadagna, tutti guadagnano un po' di più».

Com'è stata presa la novità dai lavoratori?

«All'inizio non è stato facile: il premio di produttività era vissuto come un'aggiunta fissa allo stipendio. Una sorta di sicurezza che veniva messa in discussione. Ma siamo riusciti a capirci e alla fine l'hanno presa bene, tutte le organizzazioni sindacali erano d'accordo. Anche sul parametro dell'assiduità, dimostrando grande maturità.

Nel mondo confindustriale quanto è condivisa la centralità della premialità e della contrattazione di secondo livello?

«Tutti gli imprenditori, soprattutto i meccatronici, si stanno muovendo in questa direzione e ho ricevuto molte richieste di informazioni sul nostro accordo da parte di industriali interessati ad introdurlo. Parlo per l'area di Milano e Monza, allargata a Varese, Bergamo e Brescia.

E i sindacati?

Anche loro sono bene orientati. Deve passare il concetto che la contrattazione di secondo livello non è dovuta: può anche essere uguale a zero. Ma c'è sempre maggiore convinzione che questa sia la strada giusta per mettere più soldi in busta paga, perché la contrattazione nazionale è ferma e lì tenderà a rimanere».

E quest'anno? Come andrà a finire?

«Bene: l'obiettivo verrà raggiunto, il premio ci sarà».

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