Economia

Sale la tensione in Alitalia: rinviata la riunione del cda

Piano industriale e possibile iniezione di nuove risorse dividono i soci. Conti in rosso, ma Etihad ci guadagna

Sale la tensione in Alitalia:  rinviata la riunione del cda

Oggi avrebbe dovuto tenersi un cda di Alitalia che è stato rinviato all'improvviso, in serata, ufficialmente per l'assenza di alcuni consiglieri. Si terrà, forse, la prossima settimana. La decisione rende l'idea del nervosismo che serpeggia nella compagnia. Il vertice dovrà infatti approvare un nuovo piano industriale che con tagli al personale e una virata del modello di business segnerà, di fatto, l'insuccesso del progetto che Etihad si era data all'inizio del 2015. I conti sono insoddisfacenti e i due poli azionari (Cai-banche al 51% e Etihad al 49%) sono in contrasto su una possibile iniezione di nuove risorse, così che gli arabi si trovano a percorrere la strada di un aumento di capitale mascherato, sottoscrivendo obbligazioni per 216 milioni di euro. I soci italiani non intendono scucire una lira.

La compagnia che l'anno prossimo dovrebbe teoricamente chiudere in pareggio, sta perdendo soldi in quantità ed evoca fantasmi del passato: nessuno è riuscito a risanarla, non il monopolio statale, non i Capitani coraggiosi, non il Cavaliere bianco. Le stime dicono che quest'anno le perdite potrebbero ammontare a 400 milioni, l'anno prossimo addirittura a 500, e l'utile rinviato al prossimo decennio. Tutto ciò prima di partite straordinarie e delle politiche di bilancio.

Così è (quasi) pronto un inevitabile nuovo piano industriale che prende atto degli obbiettivi mancati. Si parla nuovamente di esuberi ed esternalizzazioni, di riduzione della flotta e, soprattutto, di revisione del modello: quella che doveva essere la bandiera del lusso italiano viene derubricata a low-cost, sia sul medio che sul lungo raggio. I tagli riguarderanno 6-700 persone di terra, mentre la cessione di attività riguarderà 1.200-1.300 dipendenti, che passando sotto nuovo padrone s'imbatteranno in varie incognite; il personale di volo subirà i tagli legati agli aerei che saranno dismessi, non si sa ancora se 13 o più (6 della regional Cityliner, 7 di Alitalia). Gli Airbus 321 passerebbero tutti da Alitalia alla controllata, ottenendo una revisione al ribasso dei contratti. Il piano sarebbe stato già segretamente presentato ai sindacati, e i confederali Cgil, Cisl e Uil avrebbero assicurato un atteggiamento morbido.

Infine, il modello low cost. Niente panini, niente bibite: ma questo è il meno. Viene smorzata quell'enfasi sull'italianità che finora era stata una delle leve del rilancio. Più preoccupante ancora l'ipotesi di low cost per il lungo raggio, dove la linea verrebbe sempre più charterizzata (esempio: il collegamento con L'Avana, in collaborazione con MSC crociere). Il concetto è semplice: Etihad vuol comprimere i costi per sfruttare al massimo il feederaggio (cioè il trasporto di passeggeri in connessione) di Alitalia verso Abu Dhabi.

Il paradosso infatti è questo. Alitalia perde e i progetti di Etihad sono sfumati.

Eppure per quest'ultima Alitalia è un affare: il traffico aggiuntivo sul proprio hub, gli affitti degli aerei, i contratti hedging per il carburante, le manutenzioni e tutti gli altri servizi che Etihad fornisce ad Alitalia ne fanno un cliente sicuro e redditizio.

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