Economia

"Sbagliato criminalizzare gli allevatori brasiliani"

Tomei (Assocarni): Il disboscamento avviene per ragioni diverse, non serve la tassa sulla carne

"Sbagliato criminalizzare gli allevatori brasiliani"

I roghi che in Brasile stanno distruggendo la foresta amazzonica hanno suscitato in tutto il mondo commozione, preoccupazione, rabbia. Ma hanno anche innescato, come ogni disastro ambientale, allarmi e accuse che vanno oltre gli eventi, cercando di snidare responsabilità occulte. Il sospetto è semplice: si brucia volontariamente la foresta per estendere i pascoli per gli allevamenti di bestiame. Numerosi sui giornali gli interventi ad effetto, sintetizzabili con un titolo apparso su l'Internazionale: «L'Amazzonia brucia anche per produrre la carne che mangiamo». «È uno dei tanti casi di strumentalizzazione ideologica sostiene Francois Tomei, direttore di Assocarni . Tutti siamo consapevoli che l'Amazzonia è un patrimonio dell'umanità, ma animalisti e vegetariani ne approfittano per rilanciare la tesi della carne come causa di tutti i mali. Sotto accusa mettono l'allevamento e l'agricoltura industriale, ma tutto ciò che deriva dalla produzione e dal consumo di energia, il più grande inquinatore, resta in secondo piano».

Ma ci sono altri aspetti: «Agricoltori e allevatori hanno la responsabilità di nutrire il pianeta, e poi è errato indicare l'Amazzonia come il più grande polmone di ossigeno della terra, perché il vero serbatoio sono gli oceani. Il Brasile oggi è uno dei grandi granai del pianeta, secondo produttore di carne dopo gli Stati Uniti. Si dice che disbosca per creare nuovi pascoli, ma anche questo è errato: anche lì si adottano sistemi di allevamento intensivo in stile statunitense, con grandi stalle aperte, senza bisogno di pascolo».

Piuttosto, ricorda il direttore dell'associazione che riunisce i produttori di carne italiani, il disboscamento è finalizzato a scopi diversi: «Alla coltivazione della soia, all'utilizzo del legname, alla produzione di canna da zucchero: da 30 anni la gran parte delle auto brasiliane sono alimentate a bioetanolo, ma delle finalità energetiche non si parla». Molti sostengono che un chilo di carne inquina quanto un'auto. «Già non regge il paragone: il cibo serve a vivere, muoversi è un comportamento successivo. I nostri calcoli dicono, piuttosto, che un volo di andata e ritorno Roma Bruxelles ha per ciascun passeggero un impatto equivalente al consumo di carne di un italiano per un anno».

Altra accusa è che la filiera zootecnica equivale al 15% dell'inquinamento globale da anidride carbonica. «Un equivoco: inquinano di più trasporti ed energia, ma quando si parla di carne si considera tutta la filiera, fin dalla produzione dei mangimi, mentre per le altre categorie ci si ferma alla parte finale». Tomei fa un esempio: «Tutti insistono sull'impatto zero dell'auto elettrica, ma non considerano quanto serve per fabbricarla, lo smaltimento, la durata, le batterie...».

Il commercio mondiale di carne in questi anni è cambiato: la Cina è diventata un grande importatore e compra soprattutto in Brasile. Molta produzione brasiliana arriva anche in Europa, e molto export si è creato verso la Russia, perché il Brasile si è avvantaggiato dall'embargo contro la carne europea. In Italia le importazioni di carne brasiliana non sono particolarmente elevate: circa 30mila tonnellate all'anno su un import di 380 mila, proveniente soprattutto dai Paesi europei, tutto tracciato in etichetta dal 2000. I consumi in Italia sono superiori alla produzione: «Nei bovini siamo deficitari del 50%, nei suini del 40%, solo nel pollame siamo autosufficienti». Una curiosità: la carne brasiliana - lo zebù in particolare - grazie alle sue caratteristiche organolettiche, da noi è utilizzata soprattutto per produrre bresaola, e un'azienda rinomata come la Rigamonti è di proprietà brasiliana.

La Confagricoltura ha proposto lo stop alle importazioni dal Brasile per sanzionare i roghi. Tomei è netto: «Mi sembra una semplificazione inaccettabile, probabilmente il presidente Bolsonaro non piace ai salotti buoni della borghesia europea». Qualcuno propone di tassare la carne per ridurne il consumo. «Una follia, si penalizzerebbero le famiglie meno abbienti su un alimento che medici, pediatri e nutrizionisti considerano di importanza essenziale».

Molti dicono che mangiamo troppa carne: «I consumi reali nel nostro Paese sono perfettamente in linea con le indicazioni dei nutrizionisti, non vi è alcun eccesso».

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