Economia

Se le aziende straniere non investono in Italia

Poca trasparenza, tribunali inviolabili e uno Stato che assomiglia al Grande Fratello: l'Italia non è più appetibile. Adesso anche la premier thailandese snobba Monti

Il premier Mario Monti a Bruxelles
Il premier Mario Monti a Bruxelles

Il primo ministro thailandese Yingluck Shinawatra, ex donna d'affari di successo diventata capo del governo dopo la vittoria alle elezioni del luglio 2011, ha detto una sacrosanta verità che ha meso a serio disagio il presidente del Consiglio Mario Monti. "Vengo spesso in Italia, per fare shopping... ", ha esordito Thaksin, nella bilaterale organizzata a margine del vertice Asem in Laos. Parole che, a detta di Dagospia, avrebbero lasciato interdetto il Prof: "Spero non trovi interessante il nostro Paese solo per questo... ". Eppure, con buona pace del premier che nei giorni scorsi è saltato dal Kuwait al Qatar per invitare emiri e sceicchi a investire nel sistema Italia. Sistema che, a guardare le ricerche degli ultimi otto anni di Kroll in Italia, il colosso multinazionale specializzato in business intelligence e investigazioni, appare chiaro che non è più appetibile.

Poca trasparenza, difficoltà nel reperire informazioni, asimmetria nel livello e nella facilità d’accesso consentita allo Stato e ai suoi organi amministrativi rispetto a quella dei normali cittadini. Sono solo alcuni degli elementi che influenzano in maniera rilevante le decisioni delle aziende straniere che vogliono investire in Italia. "Capita sempre più spesso che imprese straniere interessate al mercato italiano si tirino indietro di fronte alla difficoltà di reperire informazioni che in altri paesi sono pubbliche e che possono essere decisive nella scelta di un investimento, di una fusione, di una acquisizione, una joint venture", spiega l'ad di Kroll Italia Marianna Vitiadis. I soggetti che mirano a concludere una transazione non hanno sempre a disposizione tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni informate relative alle controparti, a prescindere che si tratti di potenziali partner o target. Da qui deriva l’esigenza di raccogliere le informazioni di dominio pubblico al fine di realizzare un quadro della situazione il più possibile completo. "Una parte essenziale del lavoro delle società che offrono i cosiddetti risk mitigation services consiste nel capire quali informazioni siano pubblicamente disponibili in ciascuna giurisdizione e in che modo è regolato l’accesso ad esse – spiega la Vintiadis - in Italia, vi è una gran quantità di informazioni pubblicamente disponibili ma non sempre risultano di facile accesso per il cittadino comune e per le società non legate alla pubblica amministrazione poiché non facili da localizzare o da raggiungere. In altri casi non è chiaro quale principio o quale ragion d’essere governi la disponibilità o la riservatezza di determinati tipi d’informazione. Infine, esiste una chiara asimmetria nel livello e nella facilità d’accesso consentita allo Stato e ai suoi organi amministrativi rispetto a quella disponibile ai cittadini".

Una finta trasparenza: due pesi e due misure

Sul fronte commerciale una semplice operazione di partnership commerciale, per esempio, necessita di una serie di informazioni che riguarda i libri contabili e una serie di altre notizie per realizzare un profilo del possibile partner. In Italia vi è grande abbondanza di documenti e notevoli requisiti di pubblicità dei documenti stessi. Alle società non quotate in Borsa è fatto obbligo di rendere pubblicamente nota la loro sede legale, lo scopo dell’attività, la struttura proprietaria, i rendiconti finanziari, la composizione del consiglio d’amministrazione, la descrizione dettagliata dei suoi poteri e le minute delle riunioni e molto altro. Inoltre l’accesso alla Camera di Commercio, dove vengono archiviate tutte queste informazioni, può essere effettuato a distanza per il tramite di banche dati disponibili su base commerciale, che mettono a disposizione non solo i dati grezzi, ma anche relazioni di sintesi basate sulla documentazione fornita dalle società. La Camera di Commercio, inoltre, evidenzia gli eventuali fallimenti associati ai membri del consiglio d’amministrazione e, entro certi limiti, le informazioni su eventuali protesti. In realtà, però, non è tutto così semplice poiché nel nostro paese emergono notevoli disparità di trattamento. "Ad esempio - fa notare l’ad di Kroll - in Italia un azionista di una società può agevolmente occultare la propria identità avvalendosi di un agente fiduciario, giacché non è prevista la pubblicità del beneficiario ultimo".

Tribunali inviolabili

Un secondo settore d’interesse quando si esamina un possibile partner commerciale riguarda la storia delle sue vicissitudini legali. In molti paesi occidentali gli atti giudiziari relativi ad una società sono interamente reperibili. La documentazione relativa alle vertenze legali di una società riveste spesso un ruolo importante nelle transazioni come quelle che stiamo esaminando, giacché può influire sul prezzo di una società obiettivo di una acquisizione o sulla disponibilità da parte di un investitore a concludere una determinata partnership commerciale. In generale, in Italia gli atti giudiziari e le altre decisioni dei tribunali non sono accessibili.

Lo Stato come il Grande Fratello

A parte il problema della verifica indipendente delle informazioni e della disparità di trattamento tra la pubblica amministrazione e il settore privato, questa situazione può incidere sulla reputazione dei soggetti coinvolti, con possibili gravi ripercussioni sulle transazioni economiche. Sebbene le informazioni sui problemi giudiziari, come abbiamo visto, non siano formalmente accessibili, notizie relative a vertenze civili, procedimenti in corso e a indagini della magistratura vengono regolarmente fatte trapelare alla stampa, particolarmente nel caso in cui siano coinvolte società o figure pubbliche. Non vi è nessun modo per una parte terza indipendente procedere alla verifica di queste notizie e accertarne la veridicità. Ma non è tutto. Vi sono, infatti documenti accessibili la cui consultazione è governata da linee guida ministeriali interpretabili in modo diverso da ciascuno degli uffici incaricati di produrli. "Talvolta il problema non è dovuto tanto ad una specifica direttiva, bensì al problema più generale della complessità delle regole e della mancanza di preparazione dei funzionari locali", spiega la Vintiadis che in numerose indagini si trovata a fare i conti con modalità di gestione diversa delle informazione da città a città. “Può succedere che una stessa richiesta venga evasa con facilità in un ufficio o in un Comune e risulti impossibile in un altro – continua l'ad - un esempio lo è l’Anagrafe Tributaria le cui condizioni e termini di richiesta per alcune certificazioni variano da luogo a luogo". Le difficoltà che si incontrano nel tentativo di ottenere informazioni, a prescindere che esse siano o meno legalmente accessibili in linea di principio e trascurando la generalizzata disparità di trattamento a seconda dei rapporti che si hanno con i funzionari locali (che possono spaziare dalla conoscenza personale al puro e semplice colpo di fortuna), danno origine ad un sistema di accesso informale, che opera per il tramite di ricercatori occasionali e di faccendieri a vario titolo e portano ad una conseguenza devastante, ossia alla diffusa corruzione esistente nel sistema. La consultazione illecita delle banche dati dei tribunali, degli archivi della polizia, della documentazione fiscale e via dicendo avviene in misura considerevole, come testimoniano i ripetuti scandali riportati sulla stampa negli ultimi anni. L’accesso ai documenti non può basarsi semplicemente sulla "disponibilità" di questo o quel funzionario, ma solitamente viene concesso in cambio di denaro o di favori. Tutto cambia, ovviamente, quando la controparte di una determinata transazione è lo Stato. L’asimmetria dell’informazione si fa ancora più evidente. "Le società di proprietà statale e l’amministrazione pubblica godono di un accesso diretto alla dovizia di informazioni possedute dallo Stato – evidenzia la Vintiadis - tra di esse vi sono informazioni di norma inaccessibili da parte dei cittadini, come i precedenti giudiziari e penali, la documentazione fiscale e via dicendo.

Ciò nonostante, gli obblighi di pubblicità delle informazioni per chi si trova 'dall’altra parte dello steccato' sono ancora ben lungi da quelli imposti ai privati e questa cultura dell’opacità comporta il fatto che anche le informazioni che dovrebbero essere pubblicate risultano spesso inaccessibili o assai ardue da individuare".

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