Economia

Serve un'economia di mercato

«Prof, è tutta colpa sua!». Non mi sono mai stati granché simpatici gli alunni che accusano pubblicamente di malefatte il compagno di classe. Al di là della veridicità o meno delle accuse. È il metodo che non funziona. Distrugge senza costruire. In politica va per la maggiore. Leggi le parole di ministri dell'esecutivo che davanti al quadro impietoso dei nostri conti pubblici, ai professori di Bruxelles tutt'altro che contenti e prontissimi a mettere in atto sanzioni verso il Belpaese, hanno reagito come alunni antipatici addossando tutte le responsabilità della drammatica situazione delle italiche finanze pubbliche al governo precedente.

Hanno anche ragione; tuttavia, per un governo che si proclama del cambiamento e in piena e totale rottura con il passato recente e non, è una giustificazione che non regge. L'esecutivo non ha fatto nulla per ridurre il debito pubblico (insisto: va bene indebitarsi ma solo per investire in settori strategici allo sviluppo) che veleggia al 133% del Pil. I conti sono fuori controllo. Il Paese è fermo. Con le nostre imprese sfiduciate. Per la zona euro siamo un grave problema. Alzare polveroni contro Bruxelles è un modo di fare politica destinato al cul-de-sac. Ciò non significa restare in silenzio con l'Europa; tuttavia, per costruire fiducia necessitano concreti interventi, in primis in favore del sistema produttivo. Riforme strutturali: scioccanti! Che liberino il mercato del lavoro in favore di un vero e non fittizio esercizio della libera concorrenza. Basta con operazioni orchestrate su misura di lobby e corporazioni a fini elettorali. Spacciate per novità. È un perverso indebitarsi dello Stato. A scapito di una reale economia di mercato. Diciamola tutta: questo esecutivo non ha visione per agire con buone pratiche. Perché illiberale e statalista. Sa solo puntare l'indice. Il peggiore compagno di classe possibile!

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