Economia

Si apre il paracadute sul bond Carige

Il Fondo Interbancario coprirà 320 milioni. «Il default sarebbe stato un disastro»

Camilla Conti

«Un ipotetico default di Carige sarebbe stato un disastro di proporzioni ingestibili perché avrebbe intaccato anche sul piano dell'immagine l'intero settore bancario». Il presidente del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi usa queste parole per motivare l'intervento approvato ieri con il 90% dei voti dallo Schema Volontario cui aderiscono le principali banche italiane a sostegno di Carige. Un «paracadute» di sistema che si apre con il contributo di 318,2 milioni (più 1,8 milioni del Banco Desio) necessario per sottoscrivere il bond subordinato convertibile emesso già ieri. In extremis, tanto che anche la Borsa tira un sospiro di sollievo: dopo una lunga serie di sedute in rosso il titolo Carige ieri ma chiuso con un rialzo del 5,26 per cento.

Intesa è il più grande contribuente e ha messo sul piatto circa 80 milioni. Ci sono stati alcuni voto contrari di banche piccolissime, che rappresentano l'1% circa dei depositi protetti dal fondo obbligatorio. Poi c'è il Banco Desio, che non è membro dello Schema Volontario ma ha partecipato comunque con un «obolo» esterno di 1,8 milioni.

Il presidente Pietro Modiano e l'ad Fabio Innocenzi ringraziano ma ora si apre per loro un altro cantiere: fino al momento in cui il cda di Carige darà esecuzione all'aumento da 400 milioni finalizzato al rimborso del bond, ovvero a primavera, sarà possibile offrire le obbligazioni subordinate a operatori professionali (sia agli attuali azionisti, sia ad altri investitori). Se le adesioni saranno deboli, l'obbligazione verrà convertita in azioni e il Fidt si troverà ad essere socio di maggioranza della banca. Sul fronte della governance, lo Schema volontario del fondo non esclude di partecipare qualora dovesse diventarne azionista di peso ma non aspira a nominare la maggioranza del cda. «Eserciteremo i poteri di governo nei limiti in cui ci è consentito dalla nostra partecipazione e dalle norme che la disciplinano e reso necessario dalla tutela dell'investimento», ha assicurato Maccarone, ricordando che il fondo non punta a gestire la banca, «siamo interessati a far bene quello che abbiamo deciso di fare e a presidiare il denaro che le banche hanno messo. Non siamo investitori né banchieri ma una struttura che compie sostanzialmente un salvataggio». L'obiettivo è, dunque, stato quello di sistemare un istituto in difficoltà con una componente «di tipo solidaristico» perché «le banche, sborsando questa somma, hanno evitato un danno maggiore» ha aggiunto ricordando anche che Carige ha una raccolta che il fondo avrebbe dovuto proteggere di circa 9 miliardi».

Gli attuali grandi azionisti, per ora non si sono sbilanciati troppo. Raffaele Mincione si è detto disposto a partecipare al rafforzamento con una quota per 20 milioni, mentre i Malacalza non sembrano voler dare un contributo al bond e non hanno ancora lanciato segnali riguardo l'aumento di capitale. In ogni caso, il complesso del «Piano di conservazione» approvato dal cda sarà al vaglio dell'assemblea dei soci della banca genovese, il 22 dicembre. Resta poi il capitolo fusione. La Bce auspica che la banca genovese possa consolidarsi anche trovando un istituto con cui fondersi.

Ma la strada verso l'altare è ancora lunga.

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