Economia

Siena perde la banca: il Monte ai fondi

La Fondazione scende al 5,5% e non è più il primo socio. Ma stringe un patto con i nuovi azionisti e sfida Profumo

La sede di Siena del Monte dei Paschi
La sede di Siena del Monte dei Paschi

Siena «aveva» una banca: per salvare dallo stallo i conti della Fondazione Mps, il presidente Antonella Mansi ha venduto a due «alleati» sudamericani Fintech Advisory e Btg Pactual un altro pezzo del Monte Paschi: precisamente il 6,5%, in cambio di 180 milioni (il prezzo unitario è 23,75 cent). Nelle casse di Palazzo Sansedoni resta adesso solo il 5,5% del Monte, aprendo un dislivello da vertigine rispetto al 35% con cui aveva ottenuto di rinviare a giugno l'aumento di capitale da 3 miliardi.
Lady Mansi ha giocato però d'anticipo e, mentre con una mano vendeva a Fintech Advisory (che ha rilevato il 4,5%) e Btg Pactual (2%), con l'altra firmava un accordo parasociale con i due gruppi, «bloccando» lei stessa la metà della propria quota (2,5%), così da arrivare al 9% di Rocca Salimbeni. I dettagli dell'accordo saranno diffusi entro venerdì, ma è già ufficiale che avrà ripercussioni sia sulla governance sia di lock-up. Il terzetto seguirà inoltre l'imminente ricapitalizzazione e quindi il 9% dovrebbe essere sufficiente per depositare la lista di maggioranza del prossimo consiglio di Mps, così da assicurare scranni anche ai rappresentanti della Fondazione. Il 2,5%, ha precisato Mansi, è l'unica quota per cui al momento la Fondazione è «impegnata» a seguire la ricapitalizzazione. Ecco perché molti pensano che questa sarà la quota finale dell'Ente nel nuovo Mps. In questa strategia alcuni ravvisano poi un sapore avverso rispetto al presidente Alessandro Profumo, che potrebbe stringere i legami con altri istituzionali in vista dell'aumento. L'esito della battaglia dipende quindi se altri fondi non passeranno al contrattacco sulla governance: la statunitense BlackRock, salita il 18 marzo al 5,8%, è da alcuni indicata in area 7-8%, così come ci sono gli hedge Och Ziff, Marshall Wace, Tosca, Guggenheim, oltre a Vanguard. Ieri Mps in Borsa ha chiuso in rialzo del 4,8% a 26 centesimi tra scambi per il 9,3% del capitale.
Con il percorso di cessioni la Fondazione ha 685 milioni, abbastanza per azzerare i 340 milioni di debiti verso le banche e utilizzare il rimanente per diversificare il suo portafoglio. Con la possibilità di giocare anche sul 3% non vincolato per ottimizzare cassa o quota. Il destino di Mps è tuttavia cambiato per sempre e l'attuale debolezza della Fondazione è la conseguenza dell'ostinazione con cui in passato si è indebitata per mantenere il 50% di Mps. Secondo Antonella Mansi l'operazione effettuata permette comunque di ritenere conclusa «la missione della sopravvivenza». L'arrivo dei due gruppi sudamericani (l'operazione è in attesa del via libera di Bankitalia e del ministero dell'Economia) aggiunge curiosità a una storia che già ha sconfinato in aspetti giudiziari e denunciato tratti da telenovela: la Fintech società di investimenti dal Dna messicano ma con sede a New York, è la stessa che si è accordata per rilevare Telecom Argentina da Telecom Italia. Il suo capo è il poliedrico magnate David Martinez, cui si attribuisce sia un'esperienza tra i Legionari di Cristo sia l'acquisto di uno degli attici più esclusivi di Manhattan e di opere d'arte.

E lo stesso vale per il gruppo di asset management brasiliano Btg (questa volta il quartier generale è a Londra), chiamato in causa come possibile capofila di una cordata per rilevare, sempre dal gruppo guidato da Marco Patuano, la controllata Tim Brasil, anche per aiutare a risolvere il conflitto di interessi che affligge la spagnola Telefonica (primo azionista della holding Telco).

Commenti