Economia

«Spesi troppi soldi Sistema italiano debole e inefficiente»

Il piano di salvataggio da 3,6 miliardi messo a punto domenica scorsa con il decreto che ha evitato il bail-in per Banca Marche, BancaEtruria, CariChieti e CariFerrara è «costoso per il settore del credito». Ieri il commento di Fitch all'operazione ha creato ulteriori dubbi ai banchieri italiani che stanno ancora cercando di individuare le strade possibili per avviare un risiko reso obbligatorio, da una parte, dal nuovo sistema europeo di vigilanza e, dall'altro lato, dall'arrivo sul mercato delle quattro bridge bank scorporate dagli istituti appena messi in salvo.L'agenzia di rating ha sottolineato che Etruria, Marche, Ferrara e Chieti «rappresentano solo l'1% degli asset del settore» e che, per metterle in sicurezza, sono stati chiesti pesanti interventi. Il riferimento è alla linea di credito concessa da Intesa, Unicredit e Ubi (e successivamente dal Banco) per avviare l'operatività del Fondo di risoluzione previsto dalla direttiva europea. La contribuzione totale sarà pari al 10% degli utili ante imposte dei nove mesi 2015 per i gruppi guidati da Messina e Ghizzoni e al 25% per quello di Massiah. Insomma, rileva Fitch, questa soluzione aggiungerà altro stress al settore comprimendone i già modesti coefficienti di redditività. Se questo approccio fosse esteso ad altre banche - il settore dovrebbe fronteggiare ulteriori contributi straordinari al fondo e, per le banche più grandi, ciò si dimostrerebbe troppo costoso». Basti pensare che nel primo semestre i migliori player hanno registrato un ritorno sul capitale nell'ordine del 5% e che, in molti casi, i costi incidono per oltre il 60% dei ricavi.Ecco perché il risiko assume una valenza strategica: il consolidamento potrebbe essere un modo per garantire soluzioni interne a nuovi casi critici. Il problema è che le direttrici delle aggregazioni non evidenziano particolari convergenze. I colloqui tra Popolari in vista delle trasformazioni in spa prescindono dalle sorti dei quattro istituti in crisi. Tanto Bpm quanto il Banco guardano a Ubi. Al di là della forza relativa del gruppo di Bergamo e Brescia, ciò che ne aumenta l'appeal è il sistema duale che garantirebbe la permanenza in carica dei vertici del partner. Ieri l'ad di Piazza Meda, Giuseppe Castagna, ha ribadito la volontà di cercare con tenacia una soluzione. Sullo sfondo restano Bper e Carige che, pur non essendo una scarl, è oggetto di attenzioni. Mentre abbastanza bloccata appare la situazione di Veneto Banca e PopVicenza viste le turbolenze nell'azionariato storico conseguenti alle ristrutturazioni. Questi movimenti escludono, per ora, le quattro bridge bank. Occorre, tuttavia, ricordare che fu Bper una delle poche banche a manifestare interesse per BancaEtruria prima che fosse commissariata. Il forte posizionamento territoriale di Banca Marche, invece, sembra aver interessato Crédit Agricole già presente in Italia con Cariparma e Friuladria.

Ragioni di contiguità territoriale potrebbero indurre Bper a pensare anche a CariFerrara.

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