Economia

Lo spread frena il rilancio del Monte

Mps chiude il 2018 in attivo, ma Morelli rivede gli obiettivi. Scende anche la raccolta

Lo spread frena il rilancio del Monte

Il «Monte di Stato» torna in utile nel 2018 ma è costretto a fare i conti con le mosse del suo primo azionista. Mps ha infatti rivisto al ribasso i target di crescita indicati nel piano di ristrutturazione al 2021 approvato a luglio 2017 per colpa del contesto macro: lo spread tra Btp e Bund del secondo semestre 2018 (per ogni movimento di un punto base, l'impatto stimato è di 2,9 milioni), la stima di consenso sulla crescita del Pil italiano (la nuova previsione è di circa lo 0,4% in meno, rispetto a quella di prima), gli indicatori sulla produzione industriale e i consumi delle famiglie e l'aspettativa sull'evoluzione dei tassi di interesse.

«Abbiamo riconsiderato un andamento più lento e una traiettoria di crescita più conservativa per il conto economico e lo stato patrimoniale ma i ratio patrimoniali restano ben al di sopra dei requisiti regolamentari», ha spiegato ieri l'ad Marco Morelli agli analisti. Paradossalmente, quindi, è il governo gialloverde a complicare il rilancio della banca senese che entro giugno dovrà trovare uno sposo per la fusione invocata dalla Bce e necessaria per due motivi: consentirà allo stesso Tesoro di uscire dal capitale prima della scadenza pattuita con le autorità europee (ovvero il 2021) ma anche di far ripartire la raccolta, ancora ingolfata a giudicare dai numeri presentati ieri dal Monte al mercato.

L'anno scorso l'istituto senese è tornato in utile - per 279 milioni dopo la perdita di 3,5 miliardi del 2017 - anche se ha chiuso in rosso il quarto trimestre, con una perdita di 101 milioni per effetto di oneri di ristrutturazione. E sta continuando la pulizia di bilancio: al 31 dicembre 2018 l'esposizione netta in termini di crediti deteriorati del gruppo si è attestata a 7,9 miliardi, in flessione di 6,9 miliardi rispetto al dicembre 2017 e di 600 milioni rispetto al 30 settembre 2018. Ma a scendere sono pure i ricavi (del 18% a 3,2 miliardi) e il margine di interesse (del 2,5% a 1,7 miliardi). Non solo. A fine dicembre la raccolta è diminuita a 187 miliardi, in calo di 6,7 miliardi rispetto al 31 dicembre 2017 e di 6,3 rispetto al 30 settembre 2018, principalmente per la diminuzione della raccolta diretta. Quest'ultima, si è attestata a 90,5 miliardi, in ribasso di 7,3 miliardi rispetto a fine dicembre 2017 (principalmente sul comparto obbligazionario) e di 3,4 miliardi rispetto a fine settembre 2018, soprattutto per il calo dei conti correnti (scesi di 2,6 miliardi), su cui hanno pesato «i deflussi tipici di fine anno di un grande cliente del settore elettrico», spiega la nota.

All'inizio della prossima settimana l'ad Marco Morelli, illustrerà i risultati 2018 della banca in un roadshow con gli investitori istituzionali a Londra.

E non appena si aprirà una finestra di opportunità, la banca emetterà la seconda tranche dell'emissione subordinata T2 da 700 milioni che a dicembre non ha potuto lanciare a causa delle avverse condizioni del mercato.

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