Economia

"Tradita la fiducia nelle banche Ora va recuperata. E in fretta"

Mion: "Transazione con i soci: se va in porto offriremo i warrant". Pirovano: "Tagliare i tempi della giustizia"

"Tradita la fiducia nelle banche Ora va recuperata. E in fretta"

Abano Terme -«Le banche hanno tradito la fiducia di clienti e risparmiatori. È ora che ci diamo da fare, e in fretta, per ricostruire questo rapporto». Gianni Mion, dal luglio scorso presidente della Banca Popolare di Vicenza, non ama i giri di parole, va dritto al punto. E lo fa avendo accettato di parlare in pubblico - davanti ai lettori del Giornale - in quel di Abano Terme, cioè nel cuore del territorio più martoriato dalla crisi delle banche venete ex popolari che hanno visto azzerate le azioni dei loro 170mila piccoli soci.

Con lui c'è anche Giovanni Pirovano, vicepresidente di una banca sana come la Mediolanum di Ennio Doris, ma che interviene anche in rappresentanza dell'Abi, l'associazione dei banchieri di cui è membro del comitato esecutivo e di quello di presidenza. E come tale non ha dubbi: «Le banche vanno risanate perché se non ripartono le banche, non riparte il Paese».

Ai due intervistati va dato atto di essere venuti proprio qui, nella «fossa dei leoni», a metterci la faccia; davanti a un pubblico che ha tra le sue fila anche qualche «ferito» un po' arrabbiato. Di fronte al quale Pirovano, banchiere di lungo corso, tiene i punti che premono maggiormente alla categoria: «In tutto il mondo le banche hanno grandi difficoltà, non solo in Italia». Ma qui ci sono state situazioni che stanno rendendo tutto più difficile: «Per capire le conseguenze della direttiva sul bail in il Paese ha avuto quattro anni di tempo. Bisognava cominciare a pensarci prima, come hanno fatto tanti altri Paesi come la Germania». Senza poi dimenticare il fattore-giustizia: «Se le banche hanno difficoltà con 360 miliardi di crediti deteriorati lordi - dice Pirovano - è perché da noi i tempi della giustizia sono doppi o tripli rispetto al resto d'Europa. Eppure ci sono alcuni tribunali italiani che funzionano bene e dimostrano che i problemi potrebbero essere superati».

Ma in concreto? Qui nel ricco Nordest c'è gente che ha perso tutto, un territorio sfiancato da imprese in crisi, risparmio tradito e banche a rischio. Mion non si tira indietro. Conosce bene la situazione essendo nato sui Colli Euganei ed avendo passato una vita dall'altra parte della barricata, con imprenditori quali Marzotto o Benetton. Ha le idee chiare: «Va ritrovata la fiducia tradita. L'ex presidente Zonin è stato eletto al vertice della Popolare per 7 volte: si fidavano ciecamente di lui. Nelle assemblee si mostrava che le azioni della banca crescevano sempre. Persino un sindaco di Vicenza mi ha detto che si erano convinti che quella fosse una banca speciale. Ora i soci hanno perso tutto, se ne sono andati il 20% dei depositi, la banca non è più una popolare, ma non abbiamo neanche i soldi per cambiare il nome». Come agire? «Veneto Banca e Pop Vicenza devono fondersi al più presto, questo è ineludibile. Ma prima il territorio deve tornare a fidarsi. Per questo abbiamo messo sul piatto 350 milioni (altrettanti a Veneto Banca, ndr) per offrire 9 euro per azione ai soci». Un'operazione che ha già raccolto, in 10 giorni, il 30% di adesioni, ma che deve arrivare all'80%: solo così le due banche si metteranno al riparo dai contenziosi legali, rendendo i due istituti invitanti per potenziali nuovi investitori. Ma 9 euro, protesta qualcuno che ha pagato le azioni 40, 50 o 60, sono pochi.

«Anche i titoli di altre banche popolari - risponde Mion - sono precipitati in Borsa in questi ultimi 8 anni, del 90, fino al 98 per cento, ma nessuno ha proposto risarcimenti». È un punto d'inizio importante, insomma, oltre il quale Mion prefigura un'ipotesi in più: se la transazione andrà a buon fine, con adesioni superiori alla soglia prevista e la minaccia del contenzioso annullata, «agli azionisti potremo aggiungere anche un'offerta di warrant». Una sorta di «coupon» che, in caso di quotazione in Borsa del titolo e una sua successiva rivalutazione, permetta ai vecchi soci di ricevere una quota del valore creato. «Operazione analoga a quella offerta nel 1982 ai soci del Banco Ambrosiano - ricorda Pirovano, che allora lavorava nella banca di Roberto Calvi - dalle cui ceneri nacque poi Banca Intesa».

Ma chi pagherà il conto di questo disastro? Possibile - chiedono in molti - che siano solo i più onesti? Qualcuno parla di rendere pubbliche le liste dei debitori. Ma Mion non è d'accordo: «Se da imprenditore sospettassi che la banca a cui chiedo un fido potrebbe poi rivelarlo all'esterno, cambierei banca. Il problema è un altro: bisogna indagare sui rapporti poco chiari che esistevano tra amministratori e alcuni soci e clienti». Terreno scivoloso. Anche perché, ricorda Mion, «prima dell'ingresso nel capitale dei nuovi attuali soci (fondo Atalante) l'azione di responsabilità contro gli ex amministratori fu messa ai voti. Ma l'assemblea la bocciò».

Come dire che la lista vera, quella dei «traditori», resta la più complicata da compilare.

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