Economia

Il turismo è il nostro petrolio

Il turismo è il nostro petrolio

«Non si vendono emozioni, ma responsabilità e progetti». Così Nico Torrisi, presidente di Federalberghi Sicilia, in un recente convegno a Catania. Ha ragione! In altri termini significa che questo Paese difetta di una strategia complessiva per valorizzare al meglio il suo patrimonio principale. La leva emotiva non può essere sufficiente perché impedisce di avere una visione imprenditoriale forte, vedi la crisi di Valtur. L'Italia rimane una realtà attrattiva in sé e non certo perché beneficia di un architrave sistemico.

Il turismo inteso nel senso più ampio del termine (perciò con annessa la cultura del cibo) è il nostro petrolio, il problema è la storica carenza di raffinerie. Ci sono le eccezioni, certo; la creatività e l'abilità di diversi imprenditori, anche giovani che in questi anni hanno avviato start up apprezzate e a prezzi calmierati, è un dato di fatto. Ma in quale condizioni le imprese del settore sono messe nelle condizioni di operare? Il decisore pubblico di rado dà un contributo positivo a questo mercato. Ma anche gli operatori sul campo dimostrano spesso di adagiarsi sulla manna che piove dal cielo. Non c'è nulla di più decisivo, specie nel mercato turistico, dell'investire sul capitale umano, sul senso della relazione tra lavoratore e cliente.

È fondamentale presentare strutture all'altezza, moderne e con servizi adeguati per tutti (penso ai disabili) ma il lavoro di costruzione e/o riqualificazione delle strutture (con piani sostenibili) deve prevedere una formazione invidiabile del personale. Per me vendere responsabilità e progetti significa tenere insieme questi due aspetti capitali. La soddisfazione del cliente passa di qui, potendo avvalersi della materia prima, il petrolio. Cliente che non va «usato». Come la mano pubblica non deve «usare» gli imprenditori con cervellotiche misure o balzelli fantasiosi.

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